SILICIANO: caratterizzazione del reservoir, studi sulla cura

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
alfaa
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da alfaa » mercoledì 26 marzo 2014, 20:08

speriamo :D



Dora
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da Dora » sabato 7 giugno 2014, 8:09

VARIABILITÀ STOCASTICA DELLA RIATTIVAZIONE DEL PROVIRUS LATENTE: GLI AMPLIFICATORI DEL “RUMORE” E UNA NUOVA, SEMPRE PIÙ SOFISTICATA, STRATEGIA “SHOCK AND KILL”


Riprendo un post scritto nell’autunno scorso per raccontare un importante lavoro di Siliciano pubblicato su Cell - Replication-competent non-induced proviruses in the latent reservoir increase barrier to HIV-1 cure – in cui si dava conto delle discrepanze fra i metodi in uso per misurare il reservoir latente di HIV.

Quando l’articolo uscì, l’attenzione generale si concentrò sulla dimostrazione che le dimensioni del reservoir sono più grandi di quanto si pensasse. Passò invece sotto silenzio un’ipotesi fatta da Siliciano relativamente alla intrinseca casualità della riattivazione del reservoir.
A me pareva che questa fosse la vera novità di quell’articolo, forse perché era da più di un anno che Siliciano aveva anticipato le sue conclusioni sulle stime delle dimensioni del reservoir e avevo avuto il tempo di metabolizzarle. Cercai quindi in Rete commenti sulla questione della stocasticità della riattivazione del provirus latente ma – a parte il commento di Ariel e Leor Weinberger che accompagnava l’articolo su Cell - Stochastic Fate Selection in HIV-Infected Patients – non trovai nulla.
Ne parlai qui – e quello che segue è la parte del mio post dedicata a quella che mi sembrava essere una nuova, seria preoccupazione per la ricerca di una cura.
Dora ha scritto:(...) dal momento che una cura sterilizzante richiede l’eliminazione di tutto l’HIV capace di replicazione, scoprire che ci sono tutti questi provirus non indotti e tuttavia capaci di replicarsi comporta che IL NUMERO DI PROVIRUS CHE DEVONO ESSERE ELIMINATI È MOLTO PIÙ GRANDE DI QUANTO SI PENSASSE.
Una stima piuttosto conservativa fatta da Siliciano calcola che questi provirus potrebbero essere circa 60 volte più numerosi di quelli stimati dal VOA [Viral Outgrowth Assay] (da tener conto che c’è una grande variabilità fra paziente e paziente).

(...) la questione cruciale da affrontare per comprendere il significato clinico di quanto detto finora è capire perché i provirus non indotti dopo la massima attivazione in vitro dei linfociti T non producono un virus infettivo.
Ci sono diverse spiegazioni possibili, che vanno dal silenziamento mediante modificazioni repressive della cromatina a qualche interferenza durante la trascrizione.
Di qui un’altra serie di esperimenti, alla fine dei quali l’ipotesi di Siliciano è la seguente:
  • Noi suggeriamo che, nonostante la massima attivazione dei linfociti T, l’induzione dei provirus latenti sia stocastica.
E cioè, come ricordava Admeto: casuale, aleatoria, da trattarsi con strumenti matematici che fanno riferimento principalmente alla teoria delle probabilità per descrivere un modello dinamico, un sistema biologico che si evolve in modo non del tutto prevedibile.

Siliciano spiega che l’espressione dei geni dell’HIV dopo l’attivazione dei CD4 può seguire una distribuzione digitale o analogica come risultato di processi stocastici e dinamici, in particolare si sa che i livelli di induzione della trascrizione del provirus presentano delle fluttuazioni stocastiche che dipendono dai livelli della proteina Tat.
L’IPOTESI DI SILICIANO È DUNQUE CHE ALCUNI PROVIRUS SARANNO INDOTTI DOPO UN PRIMO CICLO DI ATTIVAZIONE, MENTRE ALTRI RESTERANNO SILENTI, PUR MANTENENDO INTATTO IL POTENZIALE DI ESSERE RIATTIVATI IN UN ALTRO MOMENTO.

(...) Ecco la vera rogna per l’eradicazione, dal momento che è necessario che TUTTI i provirus vengano riattivati.

Il fatto che il VOA sottostimi i provirus intatti può comportare un rebound virale ritardato dopo una “cura” apparente; mentre il fatto che la PCR sopravvaluti le dimensioni del reservoir perché rileva anche i provirus difettivi può comportare un’esposizione eccessiva dei pazienti all’azione tossica dei farmaci anti-latenza.
Urgono dunque strumenti per misurare l’esatta dimensione e composizione del reservoir, che superino i problemi dei due test oggi utilizzati.

A chi desiderasse comprendere meglio la questione della variabilità stocastica della riattivazione del provirus latente suggerisco la lettura del commento di Ariel e Leor Weinberger (il primo un chimico di Harvard, il secondo un virologo della University of California, San Francisco), che accompagna l'articolo di Siliciano: Stochastic Fate Selection in HIV-Infected Patients.
Si tratta di tre paginette davvero illuminanti, che non soltanto azzardano una spiegazione in termini evoluzionistici del prevalere di un meccanismo stocastico nella latenza dell'HIV, ma anche spiegano perché l’ipotesi della stocasticità della riattivazione del reservoir possa imporre di rivalutare tutti i tentativi fatti finora nei trial clinici sull’eradicazione, che si basavano sull’assunzione che la popolazione di virus latente potesse essere distrutta in modo deterministico.

(...) L’idea dello “shock and kill” era infatti quella di attivare (“shock”) le cellule dei pazienti in modo da indurre tutto il virus latente e poi far intervenire una terapia antiretrovirale standard per ripulire (“kill”) i virus riattivati e ritrovarsi così con i pazienti liberati dall’HIV.
Beh, quello che Siliciano ci sta insegnando adesso è che anche gli “shock” più potenti che abbiamo a disposizione riescono a riattivare solo una parte dei virus latenti. È possibile che degli “shock” ripetuti siano più efficaci; ma è anche possibile che ciascuna ripetizione dello “shock” sia solo un altro stocastico lancio di dadi, a seguito del quale ci sarà comunque del virus che resta latente.
Se ai commentatori la questione della stocasticità della riattivazione del provirus parve secondaria rispetto al problema della maggior quantità di provirus da riattivare, non così deve essere sembrato a Siliciano e agli scienziati dei Gladstone Institutes guidati da Leor Weinberger, che hanno appena pubblicato su Science una ricerca molto complicata, ma anche molto interessante in cui, tentando di trasformare in un vantaggio quella aleatorietà dei processi di riattivazione del reservoir latente che pare costituire uno scacco dello "shock and kill", hanno scoperto che, se si aumenta l’attività casuale – il “rumore” – che si associa all’espressione dei geni dell’HIV – senza con ciò aumentare il livello medio di espressione genica – si riesce a riattivare meglio l’HIV latente.

Le fluttuazioni casuali nella trascrizione (cioè nel modo in cui la cellula infetta fa copie del materiale genetico virale al suo interno) sono inevitabili: costituiscono un aspetto della vita delle cellule e comportano una sorta di “rumore” attorno al livello medio di espressione dei geni. L’HIV, in particolare, ha un’espressione genica eccezionalmente “rumorosa”.
Una delle ragioni per cui le sostanze anti-latenza testate finora hanno dimostrato di funzionare poco è proprio questa estrema “rumorosità” caratteristica della trascrizione dell’HIV (questa l'ipotesi di Siliciano nell'articolo su Cell).

Weinberger e colleghi hanno provato a testare un’idea del tutto contro-intuitiva: l’idea che delle SOSTANZE CHE AUMENTANO IL “RUMORE” NELL’ESPRESSIONE DEI GENI DEL VIRUS POSSANO LAVORARE INSIEME AI FARMACI ANTI-LATENZA - QUELLI CHE AUMENTANO LA TRASCRIZIONE DEI GENI DEL VIRUS - PER AUMENTARE I LIVELLI GENERALI DI RIATTIVAZIONE DELL’HIV.

La base teorica di tutto questo viene dalla chimica, in cui si è visto che AUMENTARE LE FLUTTUAZIONI PUÒ FAR AUMENTARE L’EFFICACIA DELLE REAZIONI.

Weinberger e colleghi hanno dunque preso in esame un archivio di 1600 sostanze usando una linea cellulare che produce una proteina fluorescente verde (GFP) nel momento in cui si attiva l’espressione dei geni e sono riusciti a identificare 85 piccole molecole capaci di aumentare il “rumore” senza però cambiare i livelli medi di espressione genica. Hanno poi combinato questi amplificatori del “rumore” con degli attivatori della trascrizione in una linea cellulare che viene normalmente usata come modello della latenza dell’HIV.

E quello che hanno scoperto è bellissimo: mentre gli amplificatori del “rumore” da soli non sono stati capaci di causare la riattivazione del virus latente, i tre quarti di quelli testati hanno operato in sinergia con le sostanze anti-latenza, aumentando, in certi casi addirittura raddoppiando, i livelli di riattivazione del virus.

Inoltre, si è osservata una correlazione diretta fra amplificazione del “rumore” e grado della sinergia di riattivazione: MAGGIORE IL “RUMORE”, MAGGIORE L’EFFETTO DI RIATTIVAZIONE.

Con ciò, si è dimostrato che IL “RUMORE” DELL’ESPRESSIONE GENICA E LA RIATTIVAZIONE DELL’HIV LATENTE SONO DIRETTAMENTE CORRELATI.
Inoltre, sono state identificate delle sostanze che si candidano a partecipare alle strategie “shock and kill” per trattare l’infezione latente: presumibilmente, invertire la latenza dell’HIV richiederà cicli successivi di trattamento e questi amplificatori del “rumore” potrebbero rendere più efficace ogni ciclo di trattamento.

È tutto ancora teorico e dovremo vedere questi amplificatori del “rumore” all’opera sulle cellule ancora per un po’, prima di vederli arrivare in fase clinica. Ma devo ammettere che una volta di più Siliciano desta la mia ammirazione: scopre sempre nuovi problemi (e questo della stocasticità della riattivazione dei provirus evidentemente è un problema serio); ma subito trova delle strategie per superarli. Così fa uno scienziato – altro che certi buffoni di casa nostra, che dedicano più tempo a nascondere i problemi sotto il tappeto di quanto ne passino in laboratorio.





FONTI



Dora
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da Dora » martedì 9 settembre 2014, 9:38

UFFA, keep out from this post!

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ICAAC 2014: L’HIV LATENTE NELLE CELLULE QUIESCENTI PUÒ CONTENERE MUTAZIONI RESISTENTI AGLI ANTIRETROVIRALI

Ho esitato per due giorni a scrivere questo post, perché Siliciano ha presentato a ICAAC 2014 un lavoro che avrà – come al solito – effetti profondi sulla ricerca di una cura dell’HIV e porterà certamente benefici nel lungo periodo, ma per il momento costituisce l’ennesimo shock allo “Shock and Kill” e, in un anno in cui i brutti colpi sono già stati molti, questa botta di consapevolezza (chiamiamola così …) proprio non ci voleva.

Basta girarci attorno. Che ci dice di nuovo il nostro adorato Bob?

Questo lavoro è la continuazione di quello in cui – l’anno scorso – ci insegnò che il reservoir latente è molto più esteso di quanto si pensasse e si compone di diversi tipi di provirus “trascrizionalmente silenziosi”:

  • - alcuni indotti (quelli che vengono riattivati),
    - alcuni non indotti e difettivi (che o non si possono riattivare proprio, oppure anche se si riattivano non sono in grado di produrre virus infettivo),
    - e alcuni non indotti ma intatti (perfettamente in grado, date determinate condizioni, di riattivarsi e produrre virus), che non si trascrivono durante il primo ciclo di riattivazione con farmaci antilatenza, ma possono farlo in un momento successivo.


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Quei genomi virali non indotti, ma integri, senza delezioni, mutazioni, ipermutazioni che li rendano incapaci di riattivarsi, possono “risvegliarsi”, cioè trascriversi e cominciare a produrre in vivo virus capace di replicazione.

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Se questo accade, e certo che questo accade proprio nel momento in cui noi – seguendo qualche strategia “shock and kill” - andiamo a stimolare la trascrizione del provirus con qualche sostanza anti-latenza, finora l’abbiamo visto accadere (in vivo, durante le sperimentazioni cliniche) a meno dell’1% del provirus:

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Ma Siliciano l’altr’anno ha dimostrato che il provirus non indotto e non difettivo arriva ad essere quasi il 12%.
Resta il fatto che, una volta che con qualche farmaco antilatenza il reservoir comincia a sfornare virus, bisogna che intervenga la ART a bloccarlo, altrimenti si reinnescano cicli di infezione e alla cura non ci si arriva.
Per far questo, però, è necessario che la ART funzioni bene, cioè che il rebound virale non contenga mutazioni resistenti che non possano essere soppresse.

Invece, quello che Siliciano ci dice in questo nuovo lavoro è che parte di quel provirus che se ne resta a dormire nei CD4 quiescenti può contenere delle mutazioni che lo rendono resistente agli antiretrovirali presi con successo (cioè schiacciando l’HIV RNA nel sangue sotto la soglia di rilevabilità standard dei test) dai singoli pazienti.
Ha studiato 8 persone con viremia plasmatica irrilevabile da più di 6 mesi, ne ha messo a coltura i CD4 latenti, da questi ha isolato virus clonali indotti e provirus clonali non indotti.
Per cercare mutazioni associate a resistenze ad ARV, ha poi analizzato le sequenze complete dei geni pol da 7 provirus indotti, 25 provirus non indotti intatti e 20 virus non indotti difettivi.
In una persona non ha trovato mutazioni resistenti in nessuno dei virus analizzati, ma nelle altre 7 ha trovato mutazioni resistenti sia nei virus indotti, sia in quelli non indotti, e addirittura in 3 di quegli 8 soggetti ha scoperto profili di resistenza diversi nei virus indotti e in quelli non indotti. Il caso più inquietante è quello di un paziente che era aviremico sotto trattamento con un regime basato sull’AZT eppure il suo virus indotto aveva un livello intermedio di resistenza all’AZT e i provirus non indotti avevano un alto livello di resistenza a quel farmaco.

La conclusione di Siliciano è dunque che I PROVIRUS NON INDOTTI INTATTI POSSONO COSTITUIRE UNA MINACCIA A LIVELLO CLINICO NEL MOMENTO IN CUI SI TENTA UNA STRATEGIA “SHOCK AND KILL” PER CURARE L’INFEZIONE:

  • dal momento che i provirus indotti, quelli non indotti e difettivi, e quelli non indotti e intatti non possono essere differenziati solo sulla base dei test genotipici di resistenza perché i loro profili di resistenza sono simili, nulla ci permette di escludere che i provirus non indotti e intatti resistenti a qualche farmaco provochino rebound di virus resistenti durante lo “shock and kill”.





Fonti:



ThunderGuy
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da ThunderGuy » martedì 9 settembre 2014, 10:47

Dora ha scritto:UFFA, keep out from this post!


ammazza….

mi viene da pensare quanto segue: più datata l'infezione, maggiori le resistenze nel reservoir perché il virus ha avuto più tempo per mutare.. ma non so se abbia senso. Comunque, altro brutto colpo.



Dora
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da Dora » martedì 9 settembre 2014, 12:15

ThunderGuy ha scritto:mi viene da pensare quanto segue: più datata l'infezione, maggiori le resistenze nel reservoir perché il virus ha avuto più tempo per mutare.
Nel reservoir il virus è latente, cioè non si replica. Quindi non muta.
Ci sono però molte cose che non ho capito di questo lavoro e per questo aspetto di leggere l'articolo.
Per esempio: quanto influisce la proliferazione omeostatica e quanto il contagio da cellula a cellula di HIV resistente alla ART? E quanto influisce la viremia residua, quella minima quantità di virus che continua a replicarsi sotto la soglia di rilevabilità dei test, sulla quota di virus latente che porta delle mutazioni resistenti diverse da quelle del virus che ha inizialmente formato il reservoir? È perché il reservoir viene riempito dall'esterno, appunto da quei virioni di viremia residua che vanno in latenza, che la sua composizione cambia? Questo significa che c'è un livello di resistenza ai farmaci che non viene identificato perché la viremia sotto ART risulta irrilevabile e quindi c'è troppo poco virus in circolazione perché si possa verificare un fallimento terapeutico (questa un'ipotesi fatta da Wainberg per spiegare l'assenza di resistenze nel caso del dolutegravir)?

Mi rendo conto che sono domande ingenue e che devo studiare meglio la questione delle resistenze.



P.S. Nel caso avessi equivocato, chiedere a Uffa di star lontano da quel post è un gesto di grande affetto nei suoi confronti (e anche un modo per proteggermi dalla caterva di insulti che mi rovescerà addosso quando comunque leggerà ;)).



skydrake
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da skydrake » martedì 9 settembre 2014, 15:11

L’HIV LATENTE NELLE CELLULE QUIESCENTI PUÒ CONTENERE MUTAZIONI RESISTENTI AGLI ANTIRETROVIRALI
Uff.
Mettendo assieme tutte le dichiarazioni di Siliciano nel corso degli ultimi anni, mi pare che porti un po' jella......



alfaa
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da alfaa » martedì 9 settembre 2014, 15:36

Promemoria per alfaa: non entrare in thread in cui leggi il nome Siciliano.

Ma lui ci crede a una possibile eradicazione? Perchè sembra voglia smontarla questa tesi



Dora
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da Dora » martedì 9 settembre 2014, 16:26

skydrake ha scritto:Uff.
Mettendo assieme tutte le dichiarazioni di Siliciano nel corso degli ultimi anni, mi pare che porti un po' jella......
alfaa ha scritto:Promemoria per alfaa: non entrare in thread in cui leggi il nome Siciliano.
Ho pensato che d'ora in avanti, invece che "proteggere" soltanto Uffa dalle ricerche di Bob, metterò un bel cartello generale - ché valga per tutti e finiamola qui. ;)

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Ma lui ci crede a una possibile eradicazione? Perchè sembra voglia smontarla questa tesi
"SMONTARE UNA TESI", cioè cercare di confutarla (falsificarla), È ESATTAMENTE QUELLO CHE UNO SCIENZIATO FA DI MESTIERE.
Può non far piacere, in certi momenti può proprio essere deprimente, ma sono i ciarlatani che ti riempiono la testa e confondono le idee con magiche conferme. Solo che poi ti trovi a provare ad eradicare l'HIV con lo yoghurt.

Dalle ultime cose che ha scritto, io credo che Siliciano si stia orientando verso un controllo della viremia senza farmaci per tempi sempre più lunghi, magari anche per un tempo indefinito.
Lo scorso luglio ha pubblicato un articolo - Predicting the outcomes of treatment to eradicate the latent reservoir for HIV-1 - in cui, usando un modello probabilistico delle dinamiche di riattivazione del reservoir latente, dimostra che se si ottiene una riduzione di 2000 volte del reservoir (usando evidentemente farmaci antilatenza più efficaci di quelli che si stanno sperimentando adesso) la maggior parte dei pazienti potrebbero sospendere la ART per un anno. Per prevenire il rebound della viremia a tempo indeterminato, la riduzione del reservoir dovrebbe essere di almeno 10.000 volte.
È soltanto un modello, ma se pensi che la riduzione del reservoir nei Boston Patients è stata stimata di 3 log e il rebound delle viremie si è avuto dopo 12 e 32 settimane dalla sospensione della ART, le stime di Siliciano sembrano coerenti con i risultati clinici che abbiamo visto quest'anno.

Queste parole le ha scritte (insieme a sua moglie Janet) su Science dieci giorni fa:
  • I casi di rebound ci danno anche un'idea dei probabili risultati delle strategie i cura. Ad esempio, se riusciamo a trovare dei trattamenti che producano riduzioni di diversi logaritmi del reservoir latente, i pazienti possono [rincuorante che usi "may" e non il solito "might" di chi non sa dove sbattere la testa] interrompere la terapia e rimanere aviremici per mesi o anni, durante i quali i test della persistenza virale risulterebbero negativi (a causa delle dimensioni del campione). Tuttavia, un rebound può verificarsi in modo improvviso e imprevedibile in momenti successivi all'interruzione. Anche se il tempo del rebound aumenterà con la riduzione del reservoir, possiamo attenderci un'enorme variabilità nei tempi di rebound fra un paziente e l'altro a causa della riattivazione stocastica delle cellule latentemente infette. Servirà dunque un monitoraggio frequente della viremia per tempi prolungati. Resta però il fatto che i pazienti potranno essere considerati al riparo dal rebound solo se si eliminano tutte le cellule latentemente infette. È molto più verosimile che riusciremo a ottenere riduzioni parziali, che permetteranno un lungo ma incerto intervallo terapeutico - qualcosa che molti pazienti accetterebbero volentieri. Non è troppo presto per iniziare a pianificare come monitorare questo tipo di scenario cura.



sun
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da sun » martedì 9 settembre 2014, 17:17

Quindi, anche nei cosidetti "Salto Patients" con la classica HAART si è verificata una diminuzione del DNA provirale molto consistente.
Di questo argomento si parla poco. L'esistenza di questa tipologia di HIV+ (che non sono casi rari) ha contribuito a dare una rinnovata speranza al mondo della ricerca di raggiungere prima una remissione e poi una cura funzionale.

definizione Salto Patients: "Salto" patients: these patients are treated a bit later compared to the Visconti cohort, when their CD4 count was above 350 cells/mm3 and their HIV-RNA viral load below 50 000 copies/mL. The follow-up of these patients showed the same capacity of control of the HIV infection for at least 2 years following treatment interruption.

Pazienti Salto ":. Questi pazienti sono trattati un po 'più tardi rispetto alla coorte Visconti, quando la loro conta di CD4 era al di sopra di 350 cellule / mm3 e la loro carica virale di HIV-RNA al di sotto di 50 000 copie / mL Il follow-up di questi pazienti ha mostrato la stessa capacità di controllo dell'infezione da HIV per almeno 2 anni dopo l'interruzione del trattamento.
(Infezione Cronica)

http://clinicaltrials.gov/show/NCT01876862
http://www.inflammation2014.com/abstrac ... atlama.pdf (pag 33-34)
Ultima modifica di sun il martedì 9 settembre 2014, 19:17, modificato 2 volte in totale.



alfaa
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Re: [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL

Messaggio da alfaa » martedì 9 settembre 2014, 18:51

Dora però un conto è far notare i punti deboli (diciamo confutare quindi) un altro stroncare una determinata teoria. Io non ho capito se Siciliano crede sia impossibile a priori una eradicazione o se mostra solo i punti deboli che devono essere superati ,cioè se crede che questi ostacoli possano essere superati oppure no. In fondo un caso esistente di eradicazione, lo abbiamo .Lo so che è un caso del tutto particolare. Ma se si ricreassero tutte quelle condizioni che hanno portato all'eradicazione di brown?

Io non so quanto autorevole sia Siciliano rispetto ad altri colleghi, a quanto ho capito molto. Sapere che lui ritiene impossibile una eradicazione del virus(ammesso che questo sia il suo pensiero) sarebbe molto sconfortante ma potrebbe anche evitare di farci fare illusioni.



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