Didier Raoult: il diavolo si nasconde nei dettagli
Se fossi in vena di proverbi e avessi voglia di spargere benevolenza, potrei ricordare che la gatta frettolosa fa i gattini ciechi, o che la fretta è cattiva consigliera. Insomma, il povero Raoult aveva così tanta urgenza di far conoscere al mondo i risultati della sua sperimentazione su idrossiclorochina e azitromicina in persone con COVID-19, da aver raffazzonato un articolo alla bell'e meglio, senza troppo preoccuparsi della coerenza dei dati.
Se però si vuole pensar male, allora le incongruenze che ora sono visibili a tutti tra la versione del pre-print dell'articolo pubblicata nel sito dell'IHU Méditerranée Infection e quella ora resa open access dall'
International Journal of Antimicrobial Agents vanno ad aggiungersi all'irritualità di presentare i dati ad interim della sperimentazione via YouTube e interviste ai media.
Come nota
su PubPeer Siphonaria Tasmanica, un importante numero di pazienti del gruppo di quelli non trattati non sono stati testati con la PCR. Quindi, se si tolgono quei valori non determinati dal grafico della figura 1 del confronto tra idrossiclorochina e "gruppo di controllo", il risultato dell'idrossiclorochina è meno brillante di quanto emerge dall'articolo di Raoult. Non si capisce se quei valori ND siano in realtà pazienti che si sono positivizzati nei giorni seguenti (come parrebbe dalle due versioni del paper) e, in caso, perché questo non sia stato spiegato nell'articolo.
Maggiori dettagli in un post di Gaetan Burgio
qui:
Looking at supplementary Table 1, most of the controls had viral load qualitatively detected or the PCR was not done !!!! . Only 4 out of 16 controls had a proper measure of the viral load !!!! This is insane !
In short, all this hype on the clinical trial is based on a open label, non randomized and underpowered clinical trial on HCQ treatment against #COVID19 with viral load as an outcome that was not properly measured in 2/3 of the control cohort !!!
So to answer the question: What is the evidence of justifying using HCQ or CQ as a prophylactic or curative treatment against #COVID19. The simple or short answer is NONE. To ascertain it, we need a proper and powered randomized clinical trial
While I understand we are in a #COVID19 pandemic, there is no reason or whatsoever to throw away all the evidence based medicine and not doing rigorous science or a randomized clinical trial !
A parte il profluvio di punti esclamativi che fa sembrare il post come scritto da un adolescente, la questione è sempre la stessa: questi piccoli trial fatti in fretta e senza gruppi di controllo veri e propri, senza placebo, non ci danno solide informazioni sull'efficacia dei trattamenti testati.
Questo naturalmente è vero ed è la ragione per cui da settimane la parola ripetuta qui dentro con maggiore frequenza è
aneddoti.
Ed è vero che siamo in una situazione di emergenza, è vero che la peer review viene fatta con ancora minore accuratezza (e dunque affidabilità) del solito, quindi per la fretta di tutti possono sfuggire sbavature o veri e propri orrori scientifici. Ma la bella notizia è che di trial clinici sulla clorochina ne stanno partendo molti, così avremo modo di vedere se questi maledetti aneddoti (che nel caso della clorochina/idrossiclorochina sono proprio
tanti) si trasformeranno finalmente in dati benedetti dal dio del metodo scientifico.
Di uno di questi trial si è parlato parecchio negli ultimi due giorni: si chiama SOLIDARITY, lo lancia l'OMS, si svolgerà in vari Paesi, ma non in Italia (
per l'Europa la sperimentazione è coordinata dall'INSERM francese e si chiama DISCOVERY), metterà a confronto 4 diversi trattamenti (remdesivir, clorochina/idrossiclorochina, lopinavir/ritonavir e lopinavir/ritonavir + interferone beta).
Ne riferiscono con tutti i particolari del caso Kai Kupferschmidt e Jon Cohen sul magazine di
Science.
Ma sapete che c'è? Neppure questo trial sarà in doppio cieco, perché la situazione dei malati di COVID-19 in questo momento è così tragica, l'emergenza così pressante, che NON È ETICO lasciare le persone senza trattamento (cioè con la sola terapia di supporto per la respirazione); e anche dare un placebo quando c'è qualcosa che forse funziona non si può fare. Non si può. Bisogna muoversi in fretta e dare quello che adesso c'è e sta diventando
standard of care.
Perché per quanto poco questo possa piacere ai sacerdoti del metodo scientifico, in situazioni eccezionali saltano tutte le regole della vita normale, della scienza normale. E possiamo solo sperare che medici e scienziati si comportino bene, qualunque cosa quel
bene possa significare.
Ah dimenticavo: lo
standard of care in Lombardia è
idrossiclorochina + lopinavir/r o
idrossiclorochina + remdesivir.
Ce lo conferma la prof Paola Cinque dell'Unità di Malattie Infettive dell'Ospedale San Raffaele in una
intervista registrata ieri per PharmaStar.
Ed io sono felice che Paola Cinque si sia ripresa: ha contratto il SARS-CoV-2, ma ora
è guarita ed è già tornata in pista.
P.S. A proposito di etica e di
standard of care:
