
Da https://c19study.com/
IDROSSICLOROCHINA: un aggiornamento
Come per il remdesivir, anche per l'idrossiclorochina qualche nodo comincia a venire al pettine e l'ultimo mese è stato ricco di pubblicazioni che sembrano in diversi modi legittimarne un ruolo nel trattamento del COVID-19. Quello che vorrei notare, a beneficio di coloro che hanno seguito sconcertati la guerra santa della primavera, è che, sarà senz'altro un caso, ma i lavori che riabilitano questo vecchio farmaco vengono da Paesi che dalla guerra santa si sono tenuti ai margini.
Anzitutto, ne abbiamo parlato quando era un pre-print, ma adesso è pubblicato sullo European Journal of drug metabolism and pharmacokinetics, quindi ricordo il modello di Savarino, che stabilisce che l'idrossiclorochina può avere un impatto sulla viremia di SARS-CoV-2, ma c'è una finestra temporale piuttosto ristretta per una sua somministrazione efficace - e cioè deve essere somministrata il prima possibile:
Pharmacokinetic Basis of the Hydroxychloroquine Response in COVID-19: Implications for Therapy and Prevention

È poi uscito la settimana scorsa su LANCET Rheumatology un grande studio retrospettivo multinazionale su quasi un milione di pazienti con artrite reumatoide che mette una pietra tombale sul protocollo di Raoult di idrossiclorochina più azitromicina: mentre l'idrossiclorochina da sola somministrata per un periodo abbastanza breve non aumenta il rischio di mortalità cardiovascolare, la combinazione con azitromicina sì. Dal momento che i pazienti COVID rischiano di avere problemi cardiaci già solo a causa del virus, la somma delle tossicità cardiache dei due farmaci proprio è da evitare.
Risk of hydroxychloroquine alone and in combination with azithromycin in the treatment of rheumatoid arthritis: a multinational, retrospective study
Ieri, sull'International Journal of Antimicrobial Agents, un lavoro iraniano confermava che la combinazione di idrossiclorochina e azitromicina può causare aritmie ventricolari, ma se si valutano bene prima i rischi dei pazienti questi farmaci permettono di diminuire i tempi di ospedalizzazione:
NSafety and Effectiveness of Azithromycin in Patients with COVID-19: an open-label randomized trial
A fine luglio, sull'International Journal of Infectious Diseases, una Lettera al Direttore di Antonella D'Arminio Monforte e colleghi del San Paolo chiedeva se davvero con l'idrossiclorochina sia festa finita, perché nella coorte milanese di più di 500 pazienti COVID ospedalizzati (174 dei quali sono morti) di cui si sono occupati loro l'uso di idrossiclorochina più azitromicina si è associato a una riduzione del 66% del rischio di morte rispetto ai controlli e l'idrossiclorochina da sola è sembrata notevolmente efficace nei pazienti meno gravi (a conferma del modello di Savarino):
Effectiveness of hydroxychloroquine in COVID-19 disease: A done and dusted deal?

L'altro ieri, sempre sull'International Journal of Antimicrobial Agents, il Belgian Collaborative Group on COVID-19 hospital surveillance ha pubblicato i risultati di uno studio osservazionale su più di 8000 pazienti, da cui emerge che, indipendentemente dalla durata dei sintomi, quelli trattati per soli 5 giorni con idrossiclorochina hanno avuto una mortalità più bassa rispetto a quelli trattati con le terapie di supporto:
Low-dose Hydroxychloroquine Therapy and Mortality in Hospitalized Patients with COVID-19: A Nationwide Observational Study of 8075 Participants

Chiudo il post con un grande studio multicentrico italiano, osservazionale e retrospettivo, pubblicato ieri sullo European Journal of Internal Medicine - in quasi 3500 pazienti, ricoverati in 33 diversi ospedali fra metà febbraio e fine maggio, l'uso di idrossiclorochina si è associato a una diminuzione del 30% del rischio di morte:
Use of hydroxychloroquine in hospitalised COVID-19 patients is associated with reduced mortality: Findings from the observational multicentre Italian CORIST study
Our findings provide clinical evidence in support of guidelines by Italian and several international Societies suggesting to use HCQ therapy in patients with COVID-19.
[...] Our study, including a large real life sample of patients hospitalized with COVID-19 all over Italy, shows that HCQ use (200 mg twice/day) was associated with a 30% reduction of overall in-hospital mortality. In the absence of clear-cut results from controlled, randomized clinical trials, our data do not discourage the use of HCQ in inpatients with COVID-19.
Naturalmente gli autori riconoscono che l'impostazione osservazionale dello studio richiede che i risultati ottenuti siano confermati da trial randomizzati e controllati, però la riduzione della mortalità che hanno osservato loro non può essere messa da parte come una anomalia statistica o un pio desiderio. Bisogna solo esercitare cautela quando si passa alla pratica clinica.
Given the observational design of our study, however, these results should be transferred with caution to clinical practice.
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Questi sono solo alcuni studi scelti tra un numero impressionante di altri. È molto facile cadere nel cherry picking e andarsi a scegliere quelli che confermano i propri pregiudizi. Esiste però una specie di database non ufficiale, anzi sicuramente gestito dal clorochina fan's club, e tuttavia utile e liberamente consultabile, di studi pubblicati sull'idrossiclorochina nei malati COVID e lo si trova qui:
Global HCQ studies.
PrEP, PEP, and early treatment studies show efficacy, while late treatment shows mixed results.