sono mesi che saltuariamente leggo questo forum ma solo adesso mi sono deciso ad iscrivermi, forse per la definitiva presa di coscienza della cronicità del mio stato.
Ho da poco compiuto 27 anni e ho scoperto (in modo non del tutto indolore) di essere hiv+ lo scorso agosto.
Tutto è iniziato con una settimana di febbre a 40 a metà luglio che mi ha completamente destabilizzato a cui è seguito un mese di continui alti e bassi, fino alla settimana di ferragosto in cui ho pensato veramente che stessi lì lì per lasciarci le penne. Ancora febbre e una violenta dissenteria che mi hanno privato di qualsiasi forza. Non facevo altro che dormire.
Data la situazione e il preoccupante calo ponderale (- 12 kg in un mese: ero uno scheletro che camminava 178cmx57kg) mia madre mi ha convinto ad aprire un day hospital gastroentereologico, visto che da gennaio accusavo problemi con la pancia.
Beh, mi hanno bombardato di esami e sono stato sottoposto ad una colonoscopia ( esperienza che non auguro a nessuno ) ma niente, dai risultati non si evidenziava nulla di allarmante e l'unica cosa che il medico dell'ospedale (amico di famiglia e responsabile anche del reparto di malattie infettive) sospettava, dati i valori relativi agli anticorpi del citomegalovirus, era una mononucleosi, ormai in fase calante.
Non del tutto convinto, prima di chiudere la cartella, una mattina chiama alle 7 mio padre dicendo che non ci aveva dormito tutta la notte e di provare con un ultimo esame: hiv.
Io ho accettato ma ero abbastanza terrorizzato. Già da alcune settimane mi ronzava in testa l'idea che fosse arrivato il momento di fare il mio primo test e, essendo ormai iniziate le vacanze estive, avevo deciso che a settembre, un volta tornato a Roma, lo avrei fatto.
In ogni caso, la cosa che più mi spaventava era fare questo test con i miei che, in un modo o nell'altro, avrebbero saputo subito il risultato, che temevo sempre più essere positivo in quanto leggendo su internet avevo notato che la cosiddetta sindrome similmononucleosica da sieroconversione hiv presentava tutti i sintomi che ormai accusavo da circa un mese.
I risultati sono arrivati e non in modo indolore. Quella mattina mi ero appena alzato ed ero in bagno, sento il cellulare di mia madre squillare e lei che risponde a mio padre. subito esce fuori al balcone come se cercasse di non farsi sentire. e bene, ho scoperto di essere sieropositivo così, con mia madre che si sentiva essere fortemente scossa e dalle risposte che dava a mio padre.
Speravo di sbagliarmi e sono andato subito in cucina e le ho chiesto che cosa stesse succedendo... e niente, mi ha subito abbracciato, cercando di trattenere le lacrime, dicendomi che quell'esame non era uscito buono ma che non mi dovevo preoccupare, che si sarebbe risolto tutto.
Non so perchè, ma non mi sono mai vergognato tanto in vita mia.
La botta della notizia in sè è stata forte, ma in qualche modo me lo aspettavo avendo fatto quelle ricerche. Ma sentire da tua madre che ti sei preso l'hiv mi ha veramente devastato. Mi sono chiuso in totale mutismo per circa una settimana, non riuscivo a reggere il loro sguardo, sebbene da subito i miei genitori mi sono stati vicini e mi hanno detto che mi avrebbero aiutato a superare questa cosa.
Ma io mi sono sentito morire.
Nonostante mio padre sia un medico e abbia lavorato lavorato in passato anche in ambienti con una cospicua presenza di sieropositivi, io l'ho visto a pezzi. Più di una volta si è commosso, ha pianto. E non avevo mai visto piangere mio padre. Tutto ciò mi ha fatto più male di quello che il virus mi stava facendo in quei giorni.
Anche se inizialmente non ho gradito il modo in cui il medico ha comunicato i risultati, ho capito che mi è stato di grande aiuto: ha insisto per fare un esame che io avrei posticipato di parecchio, come amico ha gestito tutta la cosa in totale anonimato (essendo mio padre conosciuto come medico nella mia città e, di conseguenza, io come suo figlio) e , da subito, si è attivato per prendermi un appuntamento il prima possibile con lo spallanzani a Roma.
Nel giro di tre giorni ero di nuovo a Roma dove sono arrivato con un quadro ben più preoccupante di quanto mi avevano fatto capire a casa:
Carica virale a 1.002.000 copie/ml
CD4 a 435 e 29% (quasi a limite minimo della norma)
Dagli innumerevoli esami che mi hanno fatto allo spallanzani è emerso che l'infezione risaliva al massimo alla fine di maggio/inizio giugno, che la sieroconversione non era del tutto completata (p26 e gp120 erano ancora negativi quando ho fatto il test una settimana prima) e che stavo vivendo una forte fase acuta.
Per questo motivo, mi ha proposto di entrare in uno studio e di iniziare da subito la terapia in quanto mi ha spiegato che sono pochi i casi in cui si scopre l'infenzione durante la fase acuta e che iniziare l'assunzione dei farmaci con i cd4 ancora nella norma mi avrebbe portato dei vantaggi in futuro, anche con la scelta dei medicinali da scegliere (oltre che nel fatto che, da quanto mi ha spiegato, le nuove cure o i nuovi "vaccini" che si stanno sperimentando avrebbero più chances su sistemi immunitari che non siano stati affatto compromessi nel tempo).
Sta di fatto che accettai subito e ho iniziato con ISENTRESS, TRUVADA, PREZISTA E NORVIR da metà settembre.
Devo ammettere che ho notato dei miglioramenti da subito: ho riacquistato l'appetito, gradualmente ho ripreso a mettere peso (anche troppo per i miei gusti ma tutti mi dicono che "sto benissimo come mai prima d'ora"), sono scomparsi i crampi allo stomaco e i violenti giramenti di testa. Solo nella prima settimana ho avuto una leggera reazione allergica cutanea che spariva con della crema al cortisone.
Dai costanti prelievi la situazione migliorava costantemente (a dicembre la carica virale era scesa a 66) fino agli ultimi esami di due settimane fa in cui, come dice la dott.ssa Ammassari, "Abbiamo messo la bandierina":
Carica virale non rilevabile
CD4 a 1.010 - 87.4%
Diciamo che sono abbastanza contento dei risultati e adesso un po' spaventato dal cambio terapia che inizio a breve: la dott.ssa ha deciso che ormai non serve continuare con tutti quei farmaci al giorno e mi ha prescritto EVIPLERA una sola volta al giorno.
Spero che quando inizierò non avrò effetti collaterali come ho letto anche in questo forum capita spesso.
Beh credo di essermi dilungato anche un po' troppo a raccontare una serie di fatti che probabilmente non interessano a nessuno.. però l'ho fatto come un modo per presentarmi, non avendo raccontato tutto ciò a nessuno se non ad una sola persona.
E il fatto di non poter parlare (per forza di cose) di questa situazione mi pesa abbastanza: certo non è che sento la necessità di raccontarlo a chiunque, la "mentire" agli amici più stretti mi fa sentire abbastanza meschino. Ma si sa tutto ciò che ruota intorno all'hiv. Non so come avrei reagito io se qualche mio amico o familiare lo avesse detto a me, quindi immagino le possibili reazioni. E le voglio evitare.
Ormai diciamo che mi sono abbastanza rassegnato all'idea.
Credo che a volte neanche ci penso dato che la mia vita è continuata come sempre allo stesso modo ( se non per quell'agosto infernale) ad eccezione delle pillole. Ma quando penso al futuro, ad eventuali relazioni..o al sesso, beh ci penso e capisco che una cosa propriamente facile non è. E questo sta incidendo sulla mia vita relazionale.
Scusate lo sfogo
