arsenico dov'è finito?

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Dora
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Re: arsenico dov'è finito?

Messaggio da Dora » sabato 22 agosto 2015, 14:33

Xantia ha scritto:In sostanza quindi lo svuotamento del reservoir prevede che l'induzione alla riattivazione faccia morire le cellule nelle quali il dna del virus si è integrato senza, ovviamente, che questo, grazie alla Haart, abbia la possibilità di infettarne altre. In questo modo dopo lo svuotamento del reservoir l'organismo sarebbe completamente ripulito dal virus e dal suo DNA?
Questa era l'idea dello shock and kill che qui nel forum io ho definito "ingenuo" e che qualche anno fa si è dimostrata illusoria: si pensava che fosse sufficiente risvegliare un po' di virus dalla latenza perché o gli effetti tossici del virus stesso o il riconoscimento delle cellule infette da parte del sistema immunitario portassero alla morte delle cellule e quindi alla progressiva riduzione del reservoir - via via fino alla cura "sterilizzante".
Si è però visto che le cose non sono così semplici, perché le cellule quiescenti infette continuano per un bel po' di tempo a produrre virus senza morire, con il rischio concreto che qualche virione sfugga all'azione della ART e infetti nuove cellule.
Quindi una versione più sofisticata dello shock and kill prevede che o si prepari opportunamente il sistema immunitario - per esempio attraverso un vaccino terapeutico - in modo da rinforzare le reazioni citolitiche (quelle dei CD8 che distruggono i CD4 infetti) e poi si somministrino dei farmaci antilatenza; oppure che si riesca a indurre la trascrizione di così tanto virus latente che finalmente i CD8 (che poveretti sono comunque indeboliti da anni di infezione e di ART) si accorgano delle cellule infette e le distruggano.
Questo ha obbligato a ripensare tutti i trial sulla ricerca di una cura che c'erano in atto o in programma.
Uno dei risultati di questa visione più complessa dello shock and kill è stato che qualsiasi gruppo di ricerca stesse studiando anche il più improbabile vaccino terapeutico si è lanciato nella corsa all'eradicazione, così che in questi ultimi tre o quattro anni abbiamo assistito a un inverecondo fiorire di tat...ate (© Keanu). ;)



Xantia
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Re: arsenico dov'è finito?

Messaggio da Xantia » sabato 22 agosto 2015, 19:58

Perdona ancora una domanda: ma quando si è in Haart con viremia irrilevabile il reservoir cresce, diminuisce o resta invariato? Grazie mille!


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Dora
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Re: arsenico dov'è finito?

Messaggio da Dora » domenica 23 agosto 2015, 7:28

Xantia ha scritto:ma quando si è in Haart con viremia irrilevabile il reservoir cresce, diminuisce o resta invariato?
Il reservoir latente ha una vita ancora abbastanza misteriosa, ma certamente dinamica. In teoria, dal momento che nel reservoir il virus non si replica, ci si aspetta che, se la ART fa quello che deve, allora nel tempo (in molto tempo) il reservoir debba esaurirsi, perché quando una cellula infetta compie il suo ciclo naturale il virus integrato segue il suo destino.
Ma questa è una visione astratta e, ancora una volta, ingenua di come vanno le cose nella realtà. Infatti, non sempre la ART funziona esattamente come deve, per esempio possono crearsi delle resistenze tali per cui, anche senza avere degli innalzamenti consistenti della viremia che spingono a modificare in tutta fretta i farmaci, rimane comunque costantemente una viremia di basso livello, che può contribuire a rifornire il reservoir di nuove cellule latentemente infette.
Oppure, nei casi in cui le interruzioni terapeutiche vengono fatte in modo incontrollato, possono esserci periodi anche lunghi di viremia rilevabile. Poi si riprende la ART, ma a quel punto si è data nuova linfa al reservoir.
Inoltre esiste una forma di perpetuazione del reservoir attraverso la proliferazione omeostatica, che per esempio è favorita dallo stato di iperattivazione immunitaria che persiste anche in persone in ART da diversi anni: quando una cellula si moltiplica producendo nuove cellule, copiando sé stessa copia anche i geni di HIV che porta dentro il suo patrimonio genetico. In questo modo il virus non ha bisogno di copiare sé stesso, produrre nuovi virioni, infettare nuove cellule - semplicemente è incorporato nella cellula fin dalla nascita.

Uno studio dell'università di Liverpool pubblicato all'inizio di questo mese su EBioMedicine (del gruppo di Science) ha dimostrato che in un piccolo campione di persone seguite per 14 anni la quantità di CD4 che portavano HIV integrato nel loro genoma non diminuiva in modo significativo. Il fatto che queste persone siano costantemente state in terapia e non avessero segni di replicazione attiva del virus è una cosa che ha stupito i ricercatori che stavano facendo lo studio, perché si aspettavano un decadimento del reservoir che invece non si è visto. D'altra parte, il fatto che quelle persone presentassero dei marker di immunoattivazione alterati, conferma il ruolo dell'infiammazione nella persistenza del reservoir.



Xantia
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Re: arsenico dov'è finito?

Messaggio da Xantia » domenica 23 agosto 2015, 12:47

Posso chiederti ancora un'informazione? Il reservoir come si stima? Qual è l'esame che si deve effettuare per sapere quante e magari dove sono le cellule nelle quali è latente il virus? Un qualcosa come una risonanza o una scintigrafia? Grazie mille!


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Dora
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Re: arsenico dov'è finito?

Messaggio da Dora » domenica 23 agosto 2015, 15:29

Xantia ha scritto:Il reservoir come si stima? Qual è l'esame che si deve effettuare per sapere quante e magari dove sono le cellule nelle quali è latente il virus?
[Per risponderti, rimaneggio un po' un paio di miei vecchi post]

Quello di una stima corretta delle dimensioni del reservoir è uno dei grandi problemi che la ricerca sta affrontando in questi anni. Si deve riuscire a misurare il DNA virale associato alle cellule (in particolare parliamo di CD4, perché sono i CD4 memoria a costituire il reservoir sicuramente più esteso) e per far questo si può usare o una semplice PCR (polymerase chain reaction) quantitativa, oppure un metodo molto più sofisticato che si chiama Viral Outgrowth Assay (VOA). Entrambi questi test hanno dei limiti, in particolare la PCR sovrastima il reservoir, mentre il VOA lo sottostima; inoltre, nessuno di questi test è standardizzato per la pratica clinica e fra paziente e paziente si è visto che c'è un'enorme variabilità.

Il Viral Outgrowth Assay è considerato il gold standard e misura la frequenza di CD4 quiescenti che producono virus infettivo dopo un singolo ciclo di massima attivazione possibile in vitro. Ma si è scoperto che la frequenza delle cellule latentemente infette calcolate mediante il VOA è di ben 300 volte più bassa rispetto alla frequenza di CD4 quiescenti contenenti del provirus, che può essere rilevato se si usa la PCR. Infatti, il VOA calcola soltanto i provirus riattivati, mentre la PCR calcola le copie totali di provirus presenti, che siano latenti o riattivati. Si riteneva che quelli che con il VOA vengono trascurati fossero difettivi, in qualche modo incapaci di risvegliarsi e proliferare. Ma, in realtà, non erano mai stati ben caratterizzati da un punto di vista molecolare. In particolare, non era chiaro se i provirus non indotti possano essere indotti in vivo.
Di recente si è capito che non soltanto il numero di provirus che devono essere eliminati è molto più grande di quanto si pensasse (circa 60 volte di più di quelli stimati dal VOA), ma l’induzione dei provirus latenti a iniziare a trascriversi è stocastica, cioè sostanzialmente casuale. Quindi, con le sostanze antilatenza che oggi abbiamo a disposizione, alcuni provirus saranno indotti dopo un primo ciclo di attivazione, mentre altri resteranno silenti, pur mantenendo intatto il potenziale di essere riattivati in un altro momento.

Questa mancanza di uno strumento che misuri il reservoir con precisione è un problema negli studi che si stanno facendo adesso per la cura, perché il fatto che il VOA sottostimi i provirus intatti può comportare un rebound virale ritardato dopo una “cura” apparente e una conseguente sospensione della ART; mentre il fatto che la PCR sopravvaluti le dimensioni del reservoir perché rileva anche i provirus difettivi può comportare un’esposizione eccessiva dei pazienti all’azione tossica dei farmaci anti-latenza.
Un qualcosa come una risonanza o una scintigrafia?
Anzitutto, devo dirti che una cellula quiescente latentemente infetta è indistinguibile da una cellula sana. Questa è la ragione per cui il sistema immunitario non riesce a individuarla e distruggerla. Si stanno cercando dei marker, ma temo sia una strada ancora abbastanza lunga.
Detto questo, proprio pochi mesi fa è stato pubblicato un lavoro favoloso (ne ho parlato qui), in cui è stato attaccato un isotopo radioattivo a un anticorpo che si lega a una proteina di superficie del virus (lo studio è stato fatto sulle scimmie con SIV, ma la stessa proteina gp120 si trova sull'HIV). Le scimmie sono state sottoposte a PET e questa ha individuato esattamente i punti in cui il virus era localizzato.
L'idea di quegli scienziati è che la immunoPET si potrebbe usare non solo per trovare quei santuari farmacologici, per esempio nei linfonodi, in cui il virus continua a replicarsi a un livello troppo basso per essere individuato, ma comunque attivo, ma anche per vedere dove il virus si riattiva dopo un intervento di shock and kill.
Bisognerà vedere se questo permetterà di valutare correttamente i reservoir.



Xantia, ho l'impressione che le tue domande siano molto poco accademiche e - giustamente - molto interessate ad aiutarti a definire meglio la tua situazione personale e temo che il mio mantenere il discorso su un piano oggettivo ti stia causando delusione e frustrazione. Se ritieni meglio che io cambi tono, per favore dimmelo senza farti alcuno scrupolo.



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Re: arsenico dov'è finito?

Messaggio da aktom » lunedì 24 agosto 2015, 9:15

grazie Dora per le spiegazioni meravigliosamente dettagliate e accessibili a tutti .
Ultima domanda e poi per oggi ti lascio stare: tempo addietro mi ricordavo di aver letto che una cellula che produce virioni nel momento in cui questi sono maturi escono dalla stessa per gemmazione causando la morte della stessa è corretto? se così fosse le cellule riattivate morirebbero da sole una volta che i virus se ne escono e basterebbe allora intervenire con un inibitore dell'aggancio o della fusione per evitare che i nuovi virus infettino altre cellule.....



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Re: arsenico dov'è finito?

Messaggio da Dora » lunedì 24 agosto 2015, 10:38

aktom ha scritto:tempo addietro mi ricordavo di aver letto che una cellula che produce virioni nel momento in cui questi sono maturi escono dalla stessa per gemmazione causando la morte della stessa è corretto? se così fosse le cellule riattivate morirebbero da sole una volta che i virus se ne escono
Sì e no.
Sì: quando una cellula quiescente latentemente infetta per ragioni sue si riattiva, allora anche il DNA virale integrato nel suo genoma comincia a trascriversi; si ha così produzione di nuovi virioni, che escono o per gemmazione dalla superficie della cellula o perché la cellula subisce lisi e si deteriora.

No: le cellule latentemente infette in cui il virus ricomincia a trascriversi grazie all'intervento di qualche sostanza antilatenza data dall'esterno NON sono RIATTIVATE (se non in minimissima proporzione). Producono virioni, ma restano quiescenti, quindi non subiscono il processo di differenziazione che le porta a proliferare e a morire.
basterebbe allora intervenire con un inibitore dell'aggancio o della fusione per evitare che i nuovi virus infettino altre cellule
Senza pensare agli inibitori dell'aggancio, che ancora non sono in circolazione, né a quelli della fusione, l'unico dei quali in commercio, l'enfuvirtide, è di scomodissima somministrazione, anche gli antiretrovirali classici funzionano molto bene nel bloccare nuovi cicli di infezione. ;)



Xantia
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Re: arsenico dov'è finito?

Messaggio da Xantia » lunedì 24 agosto 2015, 11:47

Grazie mille Dora! Sei preziosissima. Riesci a farmi comprendere molto bene il cuore del problema anche se le mie conoscenze di Biologia si limitano a qualche libro del liceo (e ho fatto il classico...).

Vorrei porti una questione, combinata con gli studi di Savarino ed in particolare con l'uso dell'Aranofin: visto che in un certo modo il reservoir è stimabile (un po' per eccesso e un po' per difetto... ma stimabile) e visto che l'auranofin ha degli effetti anti latenza noti ed è un farmaco usato comunemente contro l'artrite reumatoide, nel caso in cui un paziente sotto ART dovesse assumere l'auranofin, non si può, tra le altre cose, stimare prima dell'inizio della cura con l'Auranofin il reservoir e poi vederne gli effetti al termine di ogni ciclo? Ponendo attenzione ad eventuali variazioni della viremia, se quindi la ART riesce a eliminare tutto il virus in più prodotto dalla riattivazione.

In poche parole: visto che l'Auranofin lo deve prendere tanto vale vedere se ha davvero quegli effetti sul resevoir che ha avuto per le scimmie (o scimpanzè) di Savarino. E quindi: possibile che su circa 30.000.000 di malati di HIV (in tutto il mondo) non ci siano 10 che hanno anche l'artrite e che quindi hanno bisogno di quella terapia?

Scusa il ragionamento banale, ma non avendo conoscenze scientifiche approfondite mi limito, con le informazioni che ho, a completare il ragionamento razionale.

Grazie mille!!!



aktom
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Re: arsenico dov'è finito?

Messaggio da aktom » lunedì 24 agosto 2015, 13:20

ma per la misurazione del reservoire nessuno parla mai del metodo TILDA (Tat/rev Induced Limiting Dilution Assay) perché qui nel nostro paese non prende piede?



Dora
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Re: arsenico dov'è finito?

Messaggio da Dora » lunedì 24 agosto 2015, 13:24

Xantia ha scritto:Vorrei porti una questione, combinata con gli studi di Savarino ed in particolare con l'uso dell'Aranofin: visto che in un certo modo il reservoir è stimabile (un po' per eccesso e un po' per difetto... ma stimabile) e visto che l'auranofin ha degli effetti anti latenza noti ed è un farmaco usato comunemente contro l'artrite reumatoide, nel caso in cui un paziente sotto ART dovesse assumere l'auranofin, non si può, tra le altre cose, stimare prima dell'inizio della cura con l'Auranofin il reservoir e poi vederne gli effetti al termine di ogni ciclo? Ponendo attenzione ad eventuali variazioni della viremia, se quindi la ART riesce a eliminare tutto il virus in più prodotto dalla riattivazione.
Si potrebbe anche fare, certo, purché si trovasse un laboratorio che sappia usare la qPCR o il VOA per stimare il DNA provirale integrato (non è semplice come dirlo). Inoltre avresti bisogno di fare un'analisi filogenetica del virus, per essere sicuro - in caso di un aumento della viremia nel sangue - che sia virus che viene dal reservoir.
Ma poi, se anche si vedessero un eccezionale effetto antilatenza e una enorme riduzione del reservoir, come faresti a dimostrare che è merito dell'auranofin?
Un trial clinico fatto bene, secondo tutti i crismi del metodo scientifico, è imprescindibile per poter escludere che l'effetto osservato sia casuale.
Insomma, rischieresti di trovarti con un interessante caso clinico, ma nulla più.

aktom ha scritto:ma per la misurazione del reservoire nessuno parla mai del metodo TILDA (Tat/rev Induced Limiting Dilution Assay) perché qui nel nostro paese non prende piede?
E' un metodo nuovo, che non è esente da critiche, e che sta iniziando solo adesso ad essere utilizzato nei trial clinici all'estero (vedi per esempio il trial sull'IL-15).
Di trial sulla cura in Italia per ora non se ne fanno.
Per quanto invece riguarda la misurazione del reservoir al di fuori delle sperimentazioni cliniche, non ha molto senso, perché al momento non è affatto chiaro quale rilevanza clinica questo possa avere.



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