L'attività ritenuta pericolosa era quella svolta da un'infermiera, ossia la ricorrente, sospesa dal servizio:
https://books.google.it/books?id=MCQxfI ... gQ6AEIIzAE
Ecco la sentenza della Corte Costituzionale:
http://www.giurcost.org/decisioni/1994/0218s-94.html
Nelle premesse:
"...diretto ad ottenere un provvedimento d'urgenza, in base all'art. 700 cod.proc. civ., che le consentisse di riprendere la normale attività lavorativa dopo essere stata cautelarmente sospesa dal servizio, ma non dalla retribuzione, per essersi rifiutata di sottoporsi ad esami sanitari, presso la Divisione malattie infettive dell'Ospedale di Padova, diretti ad accertare l'esistenza o meno di infezione da HIV"
"...Riconosciuta legislativamente l'esistenza di attività e servizi che comportano rischi per la salute dei terzi, derivanti dall'essere gli operatori addetti portatori di una malattia diffusiva quale l'AIDS, ne segue la necessità, a tutela del diritto alla salute, di accertare preventivamente l'assenza di sieropositività per verificare l'idoneità all'espletamento dei servizi che comportano questo rischio e che non possono essere solo quelli inerenti alle attività degli addetti alle forze di polizia"
La sentenza finisce con dichiarare illegittimo l'articolo n.5 della 135 del 1990
nella parte in cui non prevede accertamenti sanitari dell'assenza di sieropositività all'infezione da HIV come condizione per l'espletamento di attività che comportano rischi per la salute dei terzi.
Ma, come facevo notare prima, è una sentenza di quasi 25 anni fa.
Già dopo 10 anni si tendeva a restringere l'applicazione da tutti gli infermieri ad un strettissimo sottinsieme. Qui ad esempio riporto una discussione del 2002 su un forum di medici proprio su un infermiere neoassunto sieropositivo:
https://medicocompetente.it/forum/threa ... itario.htm
Riporto l'intervento più significativo:
"Carissimo raflauberto,
prima di ogni cosa ti ringrazio per aver raccolto il mio "appello". Voglio rispondere subito alle tue domande "cattive" (non mi sembrano poi così cattive) ma necessarie.
1) Il lavoratore è giunto alla mia osservazione non in visita preventiva ma in "prima visita" dato che è stato assunto senza che io fossi interpellata. Detto ciò ritengo che il lavoratore fosse sieronegativo fino a quattro mesi fa (si è offerto di mostrarmi l'ultimo test). Tale convinzione è rafforzata dal fatto che il lavoratore, dopo il primo momento di visibile shock, ha immediatamente accettato il mio intervento per indirizzarlo alla struttura di specialità.
2) La positività non è collegabile ad evento infortunistico (come inizialmente avrei potuto pensare dato che lo stesso aveva lavorato per due anni in un centro dialisi) infatti dopo un lungo colloquio volto ad indagare su tale evenienza ho finalmente saputo che lo stesso effettuava il test autonomamente in quanto omosessuale.
Chiarite le tue lecite curiosità voglio precisare che il giovane infermiere non è affetto da AIDS ma è "solo" siero positivo e peraltro totalmente asintomatico.
Concordo pienamente che nessun rischio per la collettività (pazienti e colleghi) è ipotizzabile se il nostro lavoratore effettua le normali attività di un infermiere professionale (concordo ulteriormente sulle eventuali perplessità per personale medico che pratica specialità chirurgiche o parachirurgiche).
Allo stato attuale ritengo vitali due questioni:
1) effetti dell'esposizione cronica diretta e indiretta ad antiblastici in un soggetto che è "teoricamente" (aspettiamo i risultati degli esami specialistici) immunodrepresso. Conosciamo bene gli effetti della immunodeficienza sull'insorgenza delle neoplasie.
2) effetti dell'esposizione accidentale ad agenti biologici per i quali è impossibile ulteriore protezione mediante vaccino (vedi TBC che è controindicata per gli ovvi motivi e HCV per altrettanti ovvi motivi).
In definitiva, dato per certo che il rischio zero non esiste è doveroso domandarsi: atteso che vengano poste in essere tutte le azioni volte a ridurre il rischio antiblastici (cappe a flussi laminari, mezzi di protezione per cute, mucose e vie respiratorie, procedure standardizzate per la preparazione delle terapie e per la somministrazione, etc etc) e lo stesso venga fatto per il rischio da agenti biologici, è il nostro operatore un soggetto "altamente suscettibile" rispetto alla "coorte" infermieri esposti? E se si, tale suscettibilità indviduale dovrebbe essere motivo di limitazioni rispetto alla mansione?
In verità mentre sul secondo punto ritengo che il rischio sia "accettabile" (considerato che il lavoratore non effettua manovre invasive "al buio" nè attività di assistenza ai tavoli operatori o alle sale parto), non sono altrettanto sicura sulla questione "esposizione ad antiblastici".
Da allora sono passati altri 15 anni.
Qui dentro sul forum c'è un operatore sanitario, Raven, dichiarata inabile dal medico del lavoro, ma verso inizio anni 2000.
Adesso il test dell'HIV pre-assunzione lo chiedono ancora, ma dietro consenso:
http://www.foruminfermieri.it/viewtopic ... Lh8qnLcnMI
Anche qui si parla di test pre-assunzione negli infermieri. A porre la domanda è uno studente di infermiera sieropositivo:
http://www.foruminfermieri.it/viewtopic ... ita#p47514
Da una parte gli fanno notare che:
Molte persone che hanno patologie lavorano e non sono discriminati. Diciamo che se vinci un concorso la sieropositività non è motivo di esclusione.
Se avere problemi di salute fosse motivo di esclusione dal lavoro allora la metà di noi sarebbe licenziato...."
Tuttavia, cercano di fargli capire questo:
"...personalmente, avendo lavorato in sala operatoria per circa 8 anni, ti posso confermare che ci sono ambiti in cui il rischio di puntura accidentale è maggiore che in altri. In quel caso, come sai, la prassi corretta è quella di fare denuncia dell'infortunio chiedendo al paziente con il quale ci siamo punti di acconsentire ad un prelievo ematico per determinare la presenza o meno di markers virali. In quel caso, potrebbe risultare che hai omesso la tua patologia in fase di assunzione.
Detto questo, sono convinto che non esista una risposta assoluta da darti, ma bisognerebbe entrare nel contesto mettendo molte cose sul piatto della bilancia. Come consiglio spassionato, mi verrebbe da dirti di orientarti verso lati della professione dove il rischio biologico sia meno pressante"
Da notare che tali osservazioni sono di dicembre scorso.