Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
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Dora
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da Dora » mercoledì 22 luglio 2015, 5:52
Dora ha scritto:BLOCCARE LA RIATTIVAZIONE DELL'HIV LATENTE MEDIANTE CORTISTATINA-A: UNA STRATEGIA ALTERNATIVA ALLO SHOCK & KILL
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La settimana scorsa è finalmente uscito l’articolo sulla cortistatina-A di Susana Valente e colleghi dello Scripps, insieme a colleghi del VGTI Florida ( l’articolo è stato presentato a mBio a metà marzo e accettato lo scorso 8 giugno. Nel frattempo Chomont non è più in Florida e la ricerca su HIV del VGTI di Port St Lucie è finita male – potevano fare il piccolo sforzo di correggere le affiliazioni).
Non ho interrotto le mie vacanze per preparare un post, perché i risultati presentati sono sostanzialmente quelli portati ai congressi negli ultimi anni, di cui abbiamo dato conto nel thread. Ma vorrei adesso descrivere la strategia di cura proposta da Valente, perché è radicalmente alternativa allo shock & kill.
Prima, sinteticamente, i risultati degli esperimenti fatti (vedere i dettagli nell’articolo e vedere anche questo post):
- - la dCA blocca la riattivazione della trascrizione dell’HIV latente nei CD4 presi ex vivo da 9 persone con viremia soppressa dalla ART da almeno 3 anni;
- la dCA reprime la trascrizione e produzione virale residua in diversi modelli cellulari di latenza, in cui la riattivazione del virus era stata prima stimolata o da agonisti della protein-chinasi C o da stimolazione antigenica;
- a differenza della ART, la dCA è riuscita a ridurre la produzione – bassa, ma persistente – dell’HIV RNA associato alle cellule. Di conseguenza, quando si è cessata sia la somministrazione della ART, sia la somministrazione di dCA alle cellule latentemente infette dei modelli, la produzione di virus non si è riattivata neppure dopo un centinaio di giorni e si è potuto ipotizzare un meccanismo epigenetico di rimodellamento della struttura della cromatina attraverso il quale la cortistatina A ha bloccato la riattivazione della trascrizione virale;
- un trattamento prolungato con dCA rende il virus latente non più in grado di reagire all’azione di sostanze anti-latenza convenzionali: il virus integrato rimane capace di trascriversi ma, poiché la sua Tat è stata inibita dalla cortistatina A, non riesce a riattivarsi;
- viceversa, i provirus privi di Tat sono insensibili all’azione della dCA.
- “Presi tutti insieme, i nostri risultati dimostrano che un trattamento prolungato in vitro di CD4 primari con l’inibitore della Tat dCA instaura uno stato di latenza che rende il provirus quasi del tutto incapace di riattivarsi. Pertanto, il trattamento con dCA crea uno stato di repressione della trascrizione, che consiste in una potente abolizione della riattivazione del virus dalla latenza, anche quando i farmaci vengono sospesi, e ciò indica una repressione duratura dell’attività del promoter di HIV”.
Veniamo ora all’idea di cura di Valente e colleghi.
Anzitutto, ci ricordano che la proteina Tat è un buon obiettivo per un intervento terapeutico, perché è espressa agli inizi del ciclo di replicazione del virus e non ha omologhi cellulari (se si blocca la Tat, dunque, non si rischia di bloccare contemporaneamente qualche processo fondamentale per la sopravvivenza e il buon funzionamento delle cellule). Inoltre, l’inibizione della Tat permette di interrompere il processo che porta all’aumento esponenziale della trascrizione virale e della produzione di virioni. Infine, ci sono delle osservazioni che inducono a ritenere che, a differenza che nei CD4 produttivamente infetti, nelle cellule latentemente infette si accumulino dei virus privi di Tat o con una Tat disfunzionale, che li rende meno capaci di riattivarsi (un HIV privo di Tat subisce una certa trascrizione, ma non è poi capace di causare una infezione vera e propria).
DI QUI L’IDEA CHE, SE SI BLOCCA L’ATTIVITÀ DELLA TAT, FORSE SI RIESCE A BLOCCARE LA RIATTIVAZIONE DEL VIRUS E A MANTENERE IL VIRUS IN UNO STATO PROLUNGATO DI SILENZIAMENTO.
La dideidro-cortistatina A, un analogo di sintesi della cortistatina A, è il più potente inibitore della Tat che si conosca e riesce a bloccare la trascrizione dell’HIV a concentrazioni bassissime (subnanomolari), senza comportare tossicità per le cellule.
Quindi l’ipotesi su cui Valente e colleghi hanno lavorato è che, SE SI RIESCE A INIBIRE IN VIVO L’ATTIVITÀ DELLA TAT E LA TRASCRIZIONE RESIDUA DI HIV MEDIANTE DCA COME LO SI RIESCE A FARE SIA NEI MODELLI CELLULARI, SIA NELLE CELLULE PRELEVATE A PERSONE IN TERAPIA, QUESTO POSSA PROMUOVERE E MANTENERE A LUNGO UNO STATO DI LATENZA REFRATTARIO ALLA RIATTIVAZIONE.
QUESTO PERMETTEREBBE DI RIDURRE IN MODO SIGNIFICATIVO QUEGLI EVENTI CASUALI DI RIATTIVAZIONE DEL VIRUS LATENTE CHE PORTANO AD ALIMENTARE IL RESERVOIR E QUINDI POTREBBE PORTARE NEL TEMPO A UNA SEMPRE PIÙ CONSISTENTE RIDUZIONE DEL RESERVOIR, FINO ALLA SUA ELIMINAZIONE.
Mentre lo shock & kill più sofisticato si basa sull’idea che cicli successivi di riattivazione della trascrizione e produzione virale nel reservoir mediante farmaci anti-latenza, in costanza di ART e dopo opportuno rafforzamento delle reazioni citolitiche dei CD8, porteranno all’eliminazione delle cellule infette e dunque all’eradicazione di HIV, la via proposta da Valente e colleghi dello Scripps è opposta:
- "un inibitore della Tat blocca l’anello di retroazione della Tat, che ha inizio dopo una minima riattivazione e spinge il promoter virale entro una più completa inibizione della trascrizione. Il trattamento combinato di dCA e ART potrebbe permettere di ritardare o anche bloccare la replicazione e la riattivazione del virus e il riempimento del reservoir virale latente. In questo modo, il serbatoio latente di cellule infette in una persona si stabilizzerebbe e la morte delle cellule memoria che hanno vita più lunga potrebbe comportare un decadimento continuo nel tempo di questo serbatoio e forse concludersi in una cura sterilizzante.”
Poiché si è già visto che il decadimento del reservoir nelle persone che non hanno blip è più rapido che nelle persone che hanno episodi di viremia rilevabile, questo permette di ipotizzare che, se si riduce la viremia di basso livello, si riduce anche l’emivita del reservoir e rinforza pertanto il razionale dell’uso della dCA o di un altro inibitore della Tat all’interno di una strategia di eradicazione.
FONTI:
Susana Valente ha partecipato a IAS 2015 ed è stata intervistata da Fred Schaich sul suo lavoro sulla cortistatina-A: il prossimo passo, dopo una migliore caratterizzazione del meccanismo molecolare che permette a questo inibitore della Tat di mantenere il virus in stato di latenza, saranno gli studi sui topi umanizzati, con l'obiettivo di vedere se c'è nel tempo una riduzione del reservoir. Se tutto va come deve, entro un anno vogliono passare agli studi sulle scimmie.
L'avere a disposizione un inibitore della Tat, però, potrebbe anche permettere di contrastare gli effetti neurotossici di questa proteina virale e di contribuire a una diminuzione dello stato infiammatorio generalizzato.
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Dora
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da Dora » sabato 29 luglio 2017, 8:15
Dora ha scritto:Susana Valente ha partecipato a IAS 2015 ed è stata intervistata da Fred Schaich sul suo lavoro sulla cortistatina-A: il prossimo passo, dopo una migliore caratterizzazione del meccanismo molecolare che permette a questo inibitore della Tat di mantenere il virus in stato di latenza, saranno gli studi sui topi umanizzati, con l'obiettivo di vedere se c'è nel tempo una riduzione del reservoir. Se tutto va come deve, entro un anno vogliono passare agli studi sulle scimmie.
L'avere a disposizione un inibitore della Tat, però, potrebbe anche permettere di contrastare gli effetti neurotossici di questa proteina virale e di contribuire a una diminuzione dello stato infiammatorio generalizzato. (*)
IAS 2017 - "BLOCK-AND-LOCK": mettere HIV a dormire per sempre. La cortistatina-A in un modello murino di infezione latente
Nella sessione di presentazione orale di abstract che si è tenuta a Parigi con il titolo sfidante Catch Me If You Can: Reservoir Intervention, Susana Valente ha parlato degli studi sui topi annunciati due anni fa: Eradication without reactivation: suppression of HIV-1 transcription and reactivation from latency by a Tat inhibitor.
La sua strategia, opposta allo "shock and kill", adesso ha un nome: “block-and-lock”. L'idea, già raccontata in questo thread, è quella non di forzare, bensì di inibire la trascrizione del virus latente, così da indurre uno stato di latenza persistente, che sia refrattario alla riattivazione del virus mediante le solite sostanze anti-latenza, riduca la replicazione attiva residua durante la ART e impedisca la spontanea riattivazione del virus durante la ART o quando questa viene interrotta.
Il candidato a schiacciare HIV in uno stato di sonno perenne individuato da Valente è la dideidro-cortistatina A (dCA), che inibisce l'attività di trascrizione bloccando la proteina Tat.
La ricerca portata a Parigi è consistita nello studiare l'attività sul lungo periodo della dCA sui CD4 prelevati a 5 persone con viremia soppressa dalla ART. Per far questo, Valente è riuscita a mantenere le cellule in coltura per 10 settimane, un tempo assai più lungo di quello abituale.
Inoltre, per studiare l'efficacia in vivo della dCA, l'ha sperimentata su un modello di latenza in topi umanizzati.
Quel che ha visto nei CD4 ex vivo è stato che la dCA data in combinazione con la ART accelera la soppressione della viremia. Inoltre, nelle cellule trattate con dCA il rebound della viremia quando sono stati sospesi tutti i trattamenti è stato ritardato, perfino quando la riattivazione del virus è stata stimolata mediante sostanze anti-latenza.
Aggiungendo la cortistatina A alla ART per 14 giorni nei topi, si sono viste riduzioni da 1,5 a 10,5 volte della produzione di HIV RNA in tutti i tessuti.
Sono in corso esperimenti per vedere la capacità della dCA di inibire il rebound della viremia quando si sospendono tutti i trattamenti.
Valente conclude dicendo che la combinazione di dCA e ART permette di abrogare la produzione residua di HIV dai reservoir cellulari, di bloccare la riattivazione del virus e potrebbe permettere di ridurre il continuo riempirsi del reservoir, riducendone le dimensioni.
Sommessa domanda di Dora: perché questa bravissima ricercatrice lavora così lentamente? Sta esplorando una strada nuova, affascinante e dalle grandi promesse, perché ci mette anni e anni a dar notizia dei suoi progressi? Allo Scripps non le danno abbastanza soldi? Eppure una così dovrebbe essere ricoperta d'oro ...
(*) In effetti, cfr:
Didehydro-Cortistatin A inhibits HIV-1 Tat mediated neuroinflammation and prevents potentiation of cocaine reward in Tat transgenic mice.
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rospino
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da rospino » sabato 29 luglio 2017, 12:11
Dora ha scritto:Sommessa domanda di Dora: perché questa bravissima ricercatrice lavora così lentamente? Sta esplorando una strada nuova, affascinante e dalle grandi promesse, perché ci mette anni e anni a dar notizia dei suoi progressi? Allo Scripps non le danno abbastanza soldi? Eppure una così dovrebbe essere ricoperta d'oro ...]
Anche io mi sono posto la stessa identica domanda...
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La verità non esiste e la vita come la immaginiamo di solito è una rete arbitraria e artificiale di illusioni da cui ci lasciamo circondare.
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Dora
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da Dora » mercoledì 18 ottobre 2017, 15:02
Dora ha scritto:La ricerca portata a Parigi è consistita nello studiare l'attività sul lungo periodo della dCA sui CD4 prelevati a 5 persone con viremia soppressa dalla ART. Per far questo, Valente è riuscita a mantenere le cellule in coltura per 10 settimane, un tempo assai più lungo di quello abituale.
Inoltre, per studiare l'efficacia in vivo della dCA, l'ha sperimentata su un modello di latenza in topi umanizzati.
Quel che ha visto nei CD4 ex vivo è stato che la dCA data in combinazione con la ART accelera la soppressione della viremia. Inoltre, nelle cellule trattate con dCA il rebound della viremia quando sono stati sospesi tutti i trattamenti è stato ritardato, perfino quando la riattivazione del virus è stata stimolata mediante sostanze anti-latenza.
Aggiungendo la cortistatina A alla ART per 14 giorni nei topi, si sono viste riduzioni da 1,5 a 10,5 volte della produzione di HIV RNA in tutti i tessuti.
Sono in corso esperimenti per vedere la capacità della dCA di inibire il rebound della viremia quando si sospendono tutti i trattamenti.
Valente conclude dicendo che la combinazione di dCA e ART permette di abrogare la produzione residua di HIV dai reservoir cellulari, di bloccare la riattivazione del virus e potrebbe permettere di ridurre il continuo riempirsi del reservoir, riducendone le dimensioni.
STRATEGIA "BLOCK AND LOCK": la cortistatina A rallenta e ridimensiona il rebound delle viremie nei topi dopo la sospensione della ART
Ieri Susana Valente e colleghi dello Scripps Florida hanno pubblicato sui Cell Reports i risultati della loro ricerca su un modello cellulare di latenza, su CD4 prelevati a persone con HIV e in terapia e su un modello di topi anticipati l'estate scorsa allo IAS: In Vivo Suppression of HIV Rebound by Didehydro-Cortistatin A, a “Block-and-Lock” Strategy for HIV-1 Treatment.
Poiché di cellule abbiamo già parlato a lungo e, inoltre, l'articolo è in open access, mi concentrerò sulla seconda parte, quella dedicata ai topi, mentre per i dettagli del lavoro fatto sulle cellule - sintetizzati nella figura che segue - vi rimando all'articolo.
Vediamo dunque qualcosa di più di quanto vedemmo a luglio della somministrazione di dCA a topi umanizzati di tipo BLT (bone marrow, liver, thymus), scelti perché costituiscono un buon modello per analizzare la latenza e la persistenza di HIV, in quanto si riesce a far sviluppare in loro linfociti T e B, monociti, macrofagi, cellule dendritiche umani e a far loro infiltrare tutti gli organi e i tessuti, quindi si riescono a studiare bene gli effetti degli interventi farmacologici sui tessuti linfoidi (non per nulla il padre di questo modello murino, Victor Garcia, è fra i firmatari dell'articolo).
Gli esperimenti sui topi sono stati due.
Nel primo, volto a indagare gli effetti della dCA sull'RNA virale associato alle cellule che persistono nei tessuti linfoidi nonostante la ART, 14 topi sono stati infettati e poi trattati per 5 settimane con ART. Poi 7 hanno ricevuto ART + soluzione salina, gli altri 7 ART + un'iniezione al giorno di dCA per 14 giorni.
In tutti gli animali, la viremia è sempre rimasta irrilevabile e i livelli dei CD4 e dei CD8 non sono stati influenzati dalla cortistatina.
Una grande differenza, invece, si è vista nei livelli di HIV RNA nei linfonodi, nella milza, nel cervello e nel midollo osseo, perché i topi trattati con dCA avevano 10,5 volte meno virus nei linfonodi e una diminuzione di 1,5 log nei tessuti rispetto ai controlli.
Questo Valente e colleghi lo definiscono impressive, tanto più che la somministrazione di dCA è durata solo due settimane e con zero effetti collaterali.
Aggiungono che è molto importante il risultato visto nel cervello perché, come sappiamo, ci sono forti preoccupazioni su quanto può accadere - in termini di aumento dell'attivazione immunitaria e delle risposte infiammatorie - nel sistema nervoso centrale durante lo "shock and kill".
Nel secondo esperimento, è stata indagata la cinetica del rebound virale dopo interruzione della ART. Qui, dopo 3 settimane di antiretrovirali, 10 topi sono stati trattati con la dCA, mentre 8 hanno ricevuto il placebo. Dopo 4 settimane, tutti i trattamenti sono stati sospesi e, mentre nei topi di controllo il rebound delle viremie si è presentato a partire dal 3° giorno e al 10° tutti e 8 gli animali avevano viremia rilevabile e set point uguali a quelli di prima di ricevere la ART, in 6 su 10 topi trattati con dCA il rebound è stato notevolmente ritardato (si è verificato fra il 13° e il 19° giorno) e i set point delle viremie sono stati molto più bassi. Solo a 26 giorni dall'interruzione dei trattamenti le viremie medie dei due gruppi di topi sono tornate simili.
In sostanza, la dCA ha offerto 9 giorni di protezione in più rispetto alla sola ART.
Prossimo obiettivo: capire la relazione fra la durata del trattamento con dCA e il tempo fino al rebound virale.
L'ipotesi di Valente e colleghi è che - nel tempo - che sia o meno in combinazione con altri inibitori, la repressione della trascrizione del virus che si ottiene bloccando la proteina Tat grazie alla cortistatina A possa essere spinta fino al punto che il virus non riesca più a riattivarsi dalla latenza (Valente qui fa riferimento alla questione della riattivazione stocastica del reservoir - per approfondire il problema, vedere il post dedicato al lavoro di Siliciano e a quello di Weinberger e Weinberger).
Questo giochetto permetterebbe di bloccare il reservoir e di mantenerlo congelato in uno stato prolungato di latenza.
Quanto reservoir resterebbe bloccato? E quanto potrebbe essere prolungato questo blocco? Quanto profonda la latenza cui si spera di condannare il virus?
Tutte domande cui le sperimentazioni future dovranno dare risposta. Valente sta per testare sicurezza ed efficacia della dCA su scimmie. Poi si vedrà: se dopo questa ottima proof of concept sui topi e dopo il passaggio su animali più simili all'uomo la cortistatina continuerà ad essere sicura e ben tollerata per periodi di somministrazione più lunghi di un paio di settimane e avrà dimostrato di riuscire davvero a congelare il reservoir, allora si passerà alla sperimentazione clinica.
Intanto, a differenza di molti suoi colleghi che hanno la tendenza a straparlare con la stampa, Valente fa dichiarazioni molto sobrie:
- Valente cautioned it’s too early to know how dCA will work in people living with HIV. She called the study’s findings “a proof of concept of a different way to tackle” HIV [...].
“It’s not saving the world,” she said. “The idea here is if we understand this very carefully, we might be able to move to a single drug or a drug that doesn’t have to be taken that often.”
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da Dora » giovedì 21 dicembre 2017, 10:14
Due parole di aggiornamento sulla dCA all'Eighth International Workshop on HIV Persistence during Therapy.
Nell'abstract
Molecular characterisation of the inhibitor didehydro-Cortistatin A with the HIV-1 Tat protein, i ricercatori dello Scripps Research Institute hanno studiato il potere inibitorio della proteina Tat da parte della dCA e di 11 analoghi di sintesi di questa molecola e hanno osservato che è in grado di bloccare la produzione di virus da parte dei provirus integrati a concentrazioni nanomolari.
Un altro passo verso lo sviluppo clinico dell'unico inibitore della Tat oggi disponibile.
Davvero un peccato che la Dr Ensoli, oggi
da noi finanziata perché
studi la Tat come stimolatore della riattivazione dell'HIV latente, non abbia cercato l'opportunità di confrontarsi a Miami con gli scienziati dello Scripps, che stanno portando la loro ricerca - dagli intenti diametralmente opposti a quelli del Direttore del Centro Nazionale AIDS - verso una sempre più vicina fase clinica.