COVID-19: la ricerca di una cura

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » lunedì 6 aprile 2020, 6:44

Tomby ha scritto:
domenica 5 aprile 2020, 19:43
Ciao ragazzi scusate la domanda stupida ma io non ci sto capendo più nulla. Questa ricerca riguarda l’HIV giusto? Perché ora si parla di coronavirus? Qual’è la connessione tra i due?
La connessione è spiegata qui:

viewtopic.php?p=108520#p108520

Per adesso, ho deciso di continuare a scrivere qui sulle ricerche relative a una cura del coronavirus. In seguito, magari, staccheremo i post.

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PICCOLO RAGIONAMENTO MATTUTINO - basato solo su domande, perché anche qui di dati chiari non ce ne sono

Come tutti, da qualche giorno, seguendo i dati forniti quotidianamente dalla protezione civile, provo un leggero sollievo quando si arriva ai numeri dei ricoverati in ospedale e ai numeri dei ricoverati in terapia intensiva. Già qualche giorno fa si cominciava a intravvedere una timida tendenza alla diminuzione. Poi ieri, finalmente, per la prima volta il numero dei ricoveri in terapia intensiva portava davanti il segno meno.
Seguo sempre con grande interesse i ragionamenti di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, e anche lui, ieri su Twitter, segnalava come buona notizia l'alleggerimento delle terapie intensive, a fronte di un numero dei morti che rimane sempre altissimo



Temo che Cartabellotta abbia ragione a ricordare che le terapie intensive si svuotano perché molti pazienti muoiono. Nell'immagine qui sotto (fonte GIMBE), si vede il travaso delle persone dalla fascia rossa verso la fascia nera.

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Ma c'è un altro andamento da osservare, ed è quello della fascia gialla, delle persone con sintomi abbastanza leggeri da poter rimanere a casa. Questa fascia si sta allargando, in questi ultimi giorni sempre di più. E lo fa a scapito della fascia arancione, quella dei pazienti ricoverati - non così gravi da finire intubati in terapia intensiva, ma abbastanza gravi da dover stare in ospedale.
Ora è evidente che, aumentando il numero dei diagnosticati, aumenta anche quello delle persone con sintomi abbastanza lievi da poter rimanere a casa. Ma quello che mi chiedo è se in quel visibilissimo allargamento della fascia gialla non stia giocando un ruolo anche il fatto che quei malati a casa non vengono abbandonati al corso naturale dell'infezione, con solo un po' di tachipirina per controllare la febbre. Sarebbe utile avere dei dati su quante persone ammalate a casa stiano effettivamente prendendo idrossiclorochina, con o senza antibiotici, perché l'allargarsi del numero di persone che sono sì malate, ma guariscono senza finire in ospedale, potrebbe ben essere dovuto all'intervento precoce del trattamento con idrossiclorochina. A conferma di quello che i medici hanno dichiarato nel sondaggio su sermo.com e a conferma di quanto raccontato nel reportage di Peter D'Angelo per il Fatto Quotidiano ( cfr post TRUMP LO VULT - la grande crociata contro il coronavirus [a chi, come me, detesta quel giornale per la quantità di scempiaggini che pubblica farà piacere sapere che D'Angelo è un bravissimo free lance, che pubblica anche altrove]).



Blast
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Blast » lunedì 6 aprile 2020, 18:57

Infatti è la seconda volta che ti leggo citare il fatto quotidiano ed ero rimasto un po' indignato :lol:
Comunque secondo me questi dati così ci danno solo una panoramica generale. Servirebbero anche dati relativi alle politiche di ricovero, che potrebbero spiegare anche il perchè aumentino i pazienti domiciliari (magari all'inizio prendevano un po' tutti in ospedale, poi col pienone delle terapie intensive, hanno attuato politiche di triage più restrittive, volte a limitare gli accessi ai ricoveri sulla base della gravità dei sintomi).
Gli stessi ricoveri in ospedale, e lo so per esperienza indiretta personale, vengono poi tramutati in isolamenti domicialiri. Fino a poco tempo fa, finito in ospedale uscivi dopo il secondo tampone negativo. Adesso esci appena i sintomi si alleviano, e la quarantena fino al secondo tampone positivo si fa a casa. Queste persone potrebbero essere sia di fascia verde che gialla (dopo essere passati per l'arancione).


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Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » lunedì 6 aprile 2020, 20:30

Blast ha scritto:
lunedì 6 aprile 2020, 18:57
secondo me questi dati così ci danno solo una panoramica generale. Servirebbero anche dati relativi alle politiche di ricovero, che potrebbero spiegare anche il perchè aumentino i pazienti domiciliari (magari all'inizio prendevano un po' tutti in ospedale, poi col pienone delle terapie intensive, hanno attuato politiche di triage più restrittive, volte a limitare gli accessi ai ricoveri sulla base della gravità dei sintomi).
Sì, infatti continuo a dire come un disco rotto che mancano dati per dire cose sensate. A parte i dati della protezione civile, che sono parziali e da considerare non giorno per giorno, ma per periodi più lunghi (e la scelta del GIMBE di mostrare i grafici con le percentuali aiuta a non perdersi proprio nel giorno per giorno), noi non abbiamo la minima idea di quante persone siano effettivamente trattate. E questo non solo per quelli a casa, ma anche per quelli ricoverati. Inoltre non sappiamo se assumano solo idrossiclorochina o anche alto. Sappiamo che tendono a non dare il Kaletra a quelli a casa, perché sembra che lo tollerino male. Ma lo stanno dando in ospedale, soprattutto alla luce del trial cinese che ha mostrato che da solo fa ben poco?
Abbiamo i medici che sono contenti per il buon risultato dell'idrossiclorochina e dicono che in situazioni di emergenza le regole della vita normale cadono e si sperimentano soluzioni di emergenza. E dall'altra parte abbiamo le cannonate continue di quelli che vogliono risultati da trial in doppio cieco, randomizzati e controllati e che a volte sembrano più desiderosi di veder fallire Trump che di veder guarire i malati.
Lo spettacolo è penoso e aggiunge pena alla pena di vedere tutte queste migliaia di morti.
Decidere a chi dare credito è difficilissimo, finisce con l'essere una scelta emotiva, fatta sull'onda dell'umore del giorno.
Gli stessi ricoveri in ospedale, e lo so per esperienza indiretta personale, vengono poi tramutati in isolamenti domicialiri. Fino a poco tempo fa, finito in ospedale uscivi dopo il secondo tampone negativo. Adesso esci appena i sintomi si alleviano, e la quarantena fino al secondo tampone positivo si fa a casa. Queste persone potrebbero essere sia di fascia verde che gialla (dopo essere passati per l'arancione).
Infatti la protezione civile li definisce "dimessi/guariti", con ciò contribuendo alla confusione.



Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » giovedì 9 aprile 2020, 6:18

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COVID-19: ANCORA QUALCHE SCARAMUCCIA DELLA GUERRA SANTA

Volevo scrivere su altre sperimentazioni di farmaci contro SARS-CoV-2, ma devo rimandare ai prossimi giorni, perché l'introduzione sulle ultime battaglie della crociata contro il coronavirus rischiava di diventare più lunga del resto del post.

La guerra santa pro o contro la clorochina, che ormai è divenuta a tutti gli effetti un proxy del POTUS, sta portando non solo alla sistematica distruzione di una possibile per quanto ancora non validata opzione terapeutica, ma a una pericolosa frattura all'interno del mondo medico: alcuni medici-ricercatori-debunker, gli strenui difensori del metodo scientifico, stanno accusando i medici che usano l'idrossiclorochina per trattare i loro pazienti malati di COVID-19 di avere buttato al vento la medicina basata sulle prove e di esporre in questo modo i loro pazienti ai terrificanti rischi di un farmaco molto tossico.
E cioè: basta grattare appena un po' e sotto il medico trovi lo stregone, lo sciamano, il ciarlatano.
Vedremo che cosa ne uscirà, ma temo poco di buono: si è evidenziata una rottura brutale tra chi sta dalla parte del metodo e chi sta dalla parte del malato in una situazione di emergenza, che per quanto sia senza alcun dubbio strumentale a una lotta politica, per ora significa solo stracci che volano, ma a emergenza finita lascerà senz'altro delle cicatrici, quanto meno in tutti quei medici per bene che hanno offerto ai loro malati quel che era imperfetto, ma c'era, e non quel che era meraviglioso, fantastico, efficacissimo, ma era ancora di là da venire.

Dal momento che - per nostra grande fortuna - non tutti i medici sono degli irresponsabili o degli psicopatici, esistono delle utili linee guida per chi tratta pazienti COVID con clorochina o idrossiclorochina e l'attenzione è principalmente rivolta al rischio di alterazione del ritmo cardiaco. Un paio di esempi:


Insomma, chi tratta i pazienti con infezione da SARS-CoV-2 con questi farmaci ha modo di sapere quel che sta facendo.

Mi ha colpito che, in un'intervista pubblicata ieri sul Tempo, anche Savarino abbia notato l'uso strumentale alla battaglia politica che si sta facendo dei possibili effetti avversi della clorochina/idrossiclorochina e abbia rimandato al mittente l'argomento aneddoti/dati:

"Certo, mi sembra un po' strano che, dopo più di 70 anni di uso clinico della clorochina, anche a dosaggi piuttosto elevati per tempi prolungati, e decenni di studi accurati sul suo profilo di tossicità, tutti questi effetti avversi inaccettabili si verifichino proprio dopo che Trump si è sbilanciato a favore di questa molecola. Mi sembra che il dibattito si sia spostato su un terreno politico, che di scientifico ha poco o nulla. Rispetto l'opinione di questi colleghi, ma che la tossicità della clorochina superi i suoi benefici potenziali in pazienti con COVID-19 resta al momento una mera opinione basata su casi aneddotici: per avvalorarla saranno necessarie sperimentazioni cliniche controllate e randomizzate".

E aggiungo un'ultima cosa: chi conosce la storia dell'infezione da HIV non si stupirà molto a sentire che, anche nel caso dell'infezione da SARS-CoV-2, prima si interviene e meglio è. Non ha ancora passato la peer review, ma è disponibile su medRxiv un lavoro dell'INSERM di Parigi in collaborazione con il Los Alamos National Laboratory americano, in cui è stata fatta una modellizzazione delle dinamiche delle viremie in 13 persone con SARS-CoV-2 non trattate farmacologicamente per capire in base a quali parametri la viremia aumenti e predire l'effetto dei trattamenti antivirali. Bene, bisogna intervenire prima o al momento dell'insorgenza dei sintomi se si vuole vedere un effetto consistente di farmaci come lopinavir/r, clorochina o idrossiclorochina. Sennò la viremia aumenta troppo e si perde l'opportunità di eradicare il virus con quei farmaci. Un'altra conferma, se serviva, che è meglio curare le persone paucisintomatiche a casa loro che aspettare che arrivino in ospedale con la malattia in fase più avanzata. Una prova in più del fatto che la Lombardia, nelle prime settimane, ha adottato una strategia pessima per fronteggiare l'epidemia.

Ora la parte di post che ho iniziato a scrivere ieri su altri farmaci. Il resto, appena possibile.


AVIGAN: LA CURA MAGICA CHE VIENE DAL GIAPPONE

Dell'Avigan (favipiravir), l'inibitore della RNA polimerasi di Fujifilm Toyama Chemical approvato nel 2014 in Giappone contro l'influenza, si è parlato così tanto sui giornali, che ho ritenuto di non avere nulla da dire: dei rischi di fare sperimentazioni a furor di popolo (o di youtuber) nel Paese di Stamina e Di Bella hanno scritto in molti, valga per tutti un post di Enrico Bucci. D'altra parte, era il produttore stesso di questo antivirale a mettere in dubbio che potesse avere una qualsiasi efficacia contro il SARS-CoV-2, anche se poi ha intuito l'affare e ha cambiato idea.
L'AIFA sembra essersi fatta forzare la mano, per quanto con pochissimo entusiasmo. Pare che il trial clinico debba iniziare subito dopo Pasqua, ma sono ancora in tempo a cambiare programma, perché l'articolo su cui si dovrebbe basare il razionale della sperimentazione italiana sta avendo una vita assai travagliata e presumibilmente finirà male.

Il fatto poi che l'epidemia stia dilagando in Giappone, che sia stato dichiarato tre giorni fa lo stato di emergenza e che ora anche Tokyo si sia messa in quarantena volontaria toglie all'Avigan un bel po' di quell'aura magica conquistata sui social. Chissà che tutto questo non porti a rimandare il trial italiano a tempi migliori ...

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Taurus
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Taurus » giovedì 9 aprile 2020, 11:18

Carissima Dora, buongiorno. Non vorrei sembrare inopportuno, visto il grave momento che stiamo attraversando.... Ma sul fronte dei trial e delle ricerche per HIV, che tu sappia, è tutto fermo per via del covid?



Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » giovedì 9 aprile 2020, 12:26

Taurus ha scritto:
giovedì 9 aprile 2020, 11:18
Carissima Dora, buongiorno. Non vorrei sembrare inopportuno, visto il grave momento che stiamo attraversando.... Ma sul fronte dei trial e delle ricerche per HIV, che tu sappia, è tutto fermo per via del covid?
Ciao Taurus, in buona parte i trial sono stati bloccati (vedi ad esempio di qui in poi), mentre tutti o quasi i ricercatori del campo HIV sono transitati a studiare il nuovo coronavirus.
E comunque io in questo periodo non ho né la forza, né la voglia di occuparmi delle vecchie ricerche. Verranno tempi migliori, e allora ricomincerò a scrivere di ricerca su HIV.



uffa2
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da uffa2 » venerdì 10 aprile 2020, 8:34

Dora ha scritto:
giovedì 9 aprile 2020, 6:18
Mi ha colpito che, in un'intervista pubblicata ieri sul Tempo, anche Savarino abbia notato l'uso strumentale alla battaglia politica che si sta facendo dei possibili effetti avversi della clorochina/idrossiclorochina e abbia rimandato al mittente l'argomento aneddoti/dati:
"Certo, mi sembra un po' strano che, dopo più di 70 anni di uso clinico della clorochina, anche a dosaggi piuttosto elevati per tempi prolungati, e decenni di studi accurati sul suo profilo di tossicità, tutti questi effetti avversi inaccettabili si verifichino proprio dopo che Trump si è sbilanciato a favore di questa molecola. Mi sembra che il dibattito si sia spostato su un terreno politico, che di scientifico ha poco o nulla. Rispetto l'opinione di questi colleghi, ma che la tossicità della clorochina superi i suoi benefici potenziali in pazienti con COVID-19 resta al momento una mera opinione basata su casi aneddotici: per avvalorarla saranno necessarie sperimentazioni cliniche controllate e randomizzate".
E aggiungo un'ultima cosa: chi conosce la storia dell'infezione da HIV non si stupirà molto a sentire che, anche nel caso dell'infezione da SARS-CoV-2, prima si interviene e meglio è. Non ha ancora passato la peer review, ma è disponibile su medRxiv
Qualche giorno fa, persino TAG si è unita alla crociata, resuscitando (visto il periodo pasquale non c'è termine più adeguato), addirittura un articolo del 1994! e lo difendono pure... raggelante...


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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » domenica 12 aprile 2020, 8:45

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COVID-19: i primi risultati sul remdesivir (titolo compassionevole)

Un titolo meno compassionevole sarebbe potuto essere: "Tanti dubbi sul primo articolo che riferisce della somministrazione compassionevole di remdesivir a persone con COVID-19". Ma non voglio fare l'odiosa parte di "io ve l'avevo detto che era meglio aspettare", quindi lo scarto e passo subito a raccontare dell'articolo appena pubblicato sul New England Journal of Medicine sui tanto attesi primi risultati (aneddotici, ça va sans dire) dell'uso compassionevole dell'antivirale di Gilead eletto a most promising candidate dall'OMS contro l'infezione da SARS-CoV-2 e tanto amato da quasi tutti i commentatori:

Compassionate Use of Remdesivir for Patients with Severe Covid-19

Vediamo anzitutto in breve che cosa dice l’articolo. Poi qualche nota.

La coorte è stata raccolta in tanti e diversi Paesi: sono stati valutati i dati di 53 pazienti, dei quali 22 erano negli Stati Uniti, 22 in Europa o Canada, 9 in Giappone.
Lo studio prevedeva la somministrazione in via compassionevole del farmaco sperimentale di Gilead, si è svolto dal 25 gennaio al 7 marzo di quest’anno e ci sono dati clinici per almeno un giorno successivo (il follow up è proseguito per 28 giorni dal primo giorno di trattamento).

I partecipanti erano persone con infezione da SARS-CoV-2 grave, ricoverate in ospedale, con saturazione di ossigeno del 94% o inferiore, alcune respiravano da sole, altre avevano necessità di essere aiutate nella respirazione: il 64% dei pazienti (34 su 53) era sottoposto a ventilazione meccanica, 4 di loro a ventilazione extracorporea a membrana (ECMO: il sangue circola attraverso un polmone artificiale per ricevere ossigeno).
La durata mediana dei sintomi prima della somministrazione del remdesivir è stata di 12 giorni.
Per il 75% si trattava di uomini, di età superiore ai 60 anni, con comorbilità che sappiamo essere associate a una forma più grave di COVID-19 (diabete, ipertensione, iperlipidemia, asma).

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Il protocollo del trattamento prevedeva una prima somministrazione per endovena di 200 mg di remdesivir, seguita da 100 mg al giorno per altri 9 giorni.

Non erano stati fissati endpoint specifici, quindi vengono riferite le percentuali di eventi clinici chiave: cambiamenti nei requisiti di supporto dell’ossigeno, dimissione dall’ospedale, eventi avversi, morte. È stata inoltre quantificata la percentuale di pazienti con miglioramento clinico, cioè dimessi dall’ospedale e/o con un miglioramento clinico di almeno 2 punti su una scala di 6, che riflette ricovero in ospedale e stato di supporto della respirazione.

Dei 53 pazienti, solo il 75% ha ricevuto i 10 giorni di trattamento previsti dal protocollo. Il 19% ha ricevuto il remdesivir per un periodo fra i 5 e i 9 giorni e il 6% per meno di 5 giorni.

4 hanno interrotto prima del tempo: 1 per il peggioramento di una pre-esistente insufficienza renale, 1 per insufficienza d’organo multipla, 2 per l’innalzarsi di enzimi epatici (di questi ultimi, 1 ha anche avuto un rash maculopapulare).

RISULTATI:

L'articolo riferisce che il trattamento con remdsivir, nel corso di un follow up mediano di 18 giorni dalla prima dose, ha comportato un miglioramento della classe di supporto di ossigeno per il 68% dei pazienti (cioè 36/53).
In sostanza, il 57% (17/30) dei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica sono stati estubati; il 47% di tutti i pazienti (25/53) sono stati dimessi.
Dopo il follow up completo previsto dal protocollo (28 giorni dalla prima somministrazione), l'incidenza cumulativa del miglioramento clinico era dell'84% (cioè l'84% dei pazienti o è stato dimesso o ha avuto un miglioramento di almeno 2 punti sulla scala predefinita di 6).
Il miglioramento clinico è stato meno frequente fra chi era sottoposto a ventilazione invasiva, fra i pazienti con più di 70 anni e fra quelli che avevano la creatinina più alta.
Sesso, Paese di provenienza, comorbilità, durata dei sintomi prima del trattamento con remdesivir non sono risultati associati in modo significativo ai miglioramenti clinici.

Il tasso di mortalità complessivo è stato del 13% (cioè sono morti 7 pazienti su 53).
Questo tasso di mortalità è risultato inferiore sia rispetto al 18% (6/34) del sottogruppo di pazienti in ventilazione invasiva, sia rispetto a quello dei pazienti nello studio cinese sul Kaletra, che è stato del 22% a 28 giorni e che erano in una situazione mediamente un po' meno grave.

Rispetto a quanto si conosceva dagli studi precedenti sul modello animale e sull'uomo (circa 500 partecipanti a un trial sull'Ebola), non sono stati segnalati ulteriori problemi di sicurezza.

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Veniamo alle note, alcune abbastanza dolenti:

1. Lo studio è privo di gruppo di controllo. Già solo questo rende i suoi risultati aneddotici e impedisce di valutare la reale efficacia del remdesivir.

2. È su un numero piccolo di partecipanti, reso ancora più piccolo dal fatto che all'inizio dovevano essere 61, perché proprio 61 hanno ricevuto almeno una dose di remdesivir, ma poi 8 sono stati esclusi e non è chiarissimo il perché: di 7 si sarebbero perse le informazioni al basale, mentre di 1 sarebbe errata la data di inizio del trattamento. Anche l'esiguità del campione rende qualsiasi valutazione statistica inaffidabile, quindi aneddotici i risultati riportati dagli autori.

3. Non tutti i 53 partecipanti rimasti hanno ricevuto il protocollo completo, ma 40 hanno ricevuto 10 giorni di trattamento (75%), 10 hanno ricevuto il farmaco per un periodo da 5 a 9 giorni (19%), 3 meno di 5 giorni (6%).

4. Il confronto sulla mortalità è stato fatto con il trial su lopinavir/ritonavir, che è vero che aveva arruolato pazienti in alcuni casi meno gravi di quelli del remdesivir, ma è stato dichiarato fallito dai suoi stessi autori, che ritengono che il Kaletra potrebbe forse funzionare, ma solo su pazienti non troppo gravi.

5. Gli effetti avversi sono stati tanti e in qualche caso belli tosti: riportati dal 60% di pazienti (30/53), in cui si è avuta spesso una sovrapposizione con i sintomi dell'infezione; gli eventi avversi davvero gravi sono stati disfunzioni d'organo multiple (2), shock settico (2), danno renale acuto (2), ipotensione (2). Non proprio cose trascurabili. Mi sarei aspettata reazioni preoccupate da parte dei tanti preoccupatissimi per i possibili effetti avversi dell'idrossiclorochina, ma si vede che da venerdì erano già tutti in modalità pasquale. Vedremo la settimana prossima.

6. Non è stata valutata la viremia - e questo è ben strano: poiché si trattava di studiare l'efficacia di un farmaco antivirale, mi sarei aspettata che l'effetto del remdesivir sulle viremie fosse l'endpoint primario.

7. Sarà un vezzo da purista, ma il lavoro è tutto di responsabilità del produttore del farmaco: Gilead ha impostato e condotto lo studio; ha raccolto i dati; ha monitorato il procedere del programma; ha fatto le analisi statistiche; ha scritto l'articolo. Chi non era impiegato dello sponsor ha ovviamente rivisto tutto, ma insomma ...


7 bis. Sempre un vezzo da purista: stupisce un po' che un articolo obiettivamente bruttino esca su una rivista tanto blasonata. Ma dopo aver visto il vorinostat su Nature forse dovrei aver imparato che la potenza di certe pharma non si ferma davanti a nulla. Speriamo solo che il remdesivir non si avvii a fare la fine del vorinostat.

8. Naturalmente è vero che siamo in una situazione di emergenza e che questo vale per tutti, però interpretare i risultati riferiti in questo articolo comparandoli o con dati storici raccolti sull'infezione causata da un virus - Ebola - completamente diverso (e in cui, per altro, il remdesivir ha fallito), o con uno studio sul Kaletra in malati di COVID-19 che era impostato in modo totalmente differente, o su persone sparse trattate solo con terapia di supporto, è davvero difficile. E questo vale sia per la sicurezza, sia per l'efficacia del farmaco.

9. Ad onor del vero, e per quanto poco questo potrà influire sulle valutazioni che ne sta facendo il remdesivir fan club, gli autori dello studio riconoscono alcune delle criticità:

Interpretation of the results of this study is limited by the small size of the cohort, the relatively short duration of follow-up, potential missing data owing to the nature of the program, the lack of information on 8 of the patients initially treated, and the lack of a randomized control group. Although the latter precludes definitive conclusions, comparisons with contemporaneous cohorts from the literature, in whom general care is expected to be consistent with that of our cohort, suggest that remdesivir may have clinical benefit in patients with severe Covid-19. Nevertheless, other factors may have contributed to differences in outcomes, including the type of supportive care (e.g., concomitant medications or variations in ventilatory practices) and differences in institutional treatment protocols and thresholds for hospitalization. Moreover, the use of invasive ventilation as a proxy for disease severity may be influenced by the availability of ventilators in a given location. The findings from these uncontrolled data will be informed by the ongoing randomized, placebo-controlled trials of remdesivir therapy for Covid-19.

10. Detto tutto questo, vale per il remdesivir la stessa presunzione di efficacia e tollerabilità che vale per tutti i farmaci studiati in una situazione difficilissima, in cui le regole auree dei metodo scientifico si fanno meno rigide che nelle situazioni di vita e di scienza normale.
Per dire qualcosa di onesto e di sensato dobbiamo dunque aspettare che arrivino dei dati che confermino o smentiscano gli aneddoti. Ci sono in corso o stanno iniziando diversi trial clinici, che in certi casi dovrebbero dare risultati anche abbastanza in fretta (altri si concluderanno fra molti anni, il che rischia di renderli obsoleti prima ancora che comincino).



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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da skydrake » domenica 12 aprile 2020, 14:40

Riguardo alla mancanza di un gruppo di controllo, francamente non è una questione facilmente superabile? Basta integrare lo studio con le cartelle cliniche di pazienti in con una situazione iniziale simile, ma non trattati col remdesivir. Non trasformerà lo studio in doppio cieco, ma di pazienti simili ce ne sono in quantità.



Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » domenica 12 aprile 2020, 14:51

skydrake ha scritto:
domenica 12 aprile 2020, 14:40
Riguardo alla mancanza di un gruppo di controllo, francamente non è una questione facilmente superabile? Basta integrare lo studio con le cartelle cliniche di pazienti in con una situazione iniziale simile, ma non trattati col remdesivir. Non trasformerà lo studio in doppio cieco, ma di pazienti simili ce ne sono in quantità.
Sì, è l'escamotage cui stanno ricorrendo più o meno tutti. A parte il fatto che bisogna vedere come sono costruiti questi proxy dei gruppi di controllo, perché come vedi quelli scelti da Gilead per il remdesivir lasciano molto a desiderare, bisogna però che questo valga per tutti e che sia accettato solo finché non arrivano i trial fatti come si deve. Cioè non è che se mi piace il remdesivir lascio passare i gruppi di controllo fatti alla sperindio, mentre intanto dico che quelli della clorochina fanno schifo. Sempre se tengo in qualche conto l'onestà intellettuale, che invece è stata una delle vittime illustri di questa pandemia.



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