Un trial clinico di fase I/II della romidepsina come farmaco per risvegliare l’HIV latente in persone con viremia soppressa dalla ART è stato approvato l’anno scorso dall’AIDS Cilinical Trial Grup (ACTG) con lo scopo di stabilirne sicurezza, tollerabilità e capacità di attivare l’espressione dell’HIV-1 (Trial A5315) e nell’aprile di quest’anno veniva definito “in sviluppo” in un altro documento dell’ACTG, che affidava il protocollo a Liz Barr della Towson University. Credo quindi che, se la sperimentazione non è già partita, sia in partenza.
Da notizie di tre settimane fa, il trial – guidato da John Mellors e Deb McMahon, Pittsburg – consta della somministrazione di una singola dose di romidepsina secondo tre diversi dosaggi (0,5, 2 e 5 mg/m2 di superficie corporea) a pazienti HIV+ con viremia soppressa dalla ART (VL < 50 copie/mL).
Verranno valutati i cambiamenti nei livelli di HIV RNA nei CD4 quiescenti 24 ore dopo la somministrazione e i livelli di HIV RNA nel plasma a 0 – 48 ore.

Nel thread dedicato a fare il punto su reservoir, latenza ed eradicazione avevamo già segnalato che nel 2012 la romidepsina era risultata di molte volte più potente del vorinostat nell’induzione dell’HIV latente in prove di laboratorio, e aveva indotto l’espressione dell’HIV RNA ex vivo in 12 pazienti su 13 in ART.
Quest’anno, al CROI, è stato presentato dalla Gilead, in collaborazione con Università di Pittsburg (John Mellors) e Quest Clincal Research (Jay Lalezari), un lavoro in cui studi in vitro e ex vivo dimostravano che la romidepsina era di circa 500 volte più potente del vorinostat nell’indurre l’espressione dell’HIV in CD4 primari infettati in vitro e poi indotti a uno stato di latenza e in CD4 memoria e CD4 quiescenti isolati in diversi momenti da 12 pazienti HIV+ in ART soppressiva da almeno 6 mesi. E che tutto questo si verificava a dosi cliniche (2,8 nM di romidepsina vs 1.3 μM di vorinostat – si tratterebbe dunque di dare dosi di romidepsina dai 2 ai 5 mg/m2).
La conclusione di questo lavoro era che la romidepsina merita di essere valutata clinicamente come attivatore dell’espressione dell’HIV in persone con viremia soppressa dalla ART.

A metà aprile scorso, si è svolta la 19th Annual Conference of the British HIV Association, durante la quale Romas Geleziunas, responsabile della virologia clinica di Gilead, ha tenuto una lunga lezione intitolata Towards a Cure e dedicata prevalentemente alla romidepsina e a un suo eventuale uso in combinazione con un vaccino terapeutico o con altre sostanze in grado di rinforzare l’azione citolitica dei CD8, risolvendo il “problema di Siliciano e Shan”, di cui non facciamo altro che parlare da un anno a questa parte.
Nella sua lezione, Geleziunas ha ricordato che per eradicare le cellule latentemente infette è necessario 1) attivare l’espressione dell’HIV latente; 2) eliminare le cellule in cui l’HIV si replica attivamente e 3) bloccare con gli antiretrovirali la produzione di nuove particelle virali.

Le strategie per attivare ed eliminare i reservoir sono una combinazione di attivazione dell’espressione dell’HIV mediante 1) inibitori dell’iston-deacetilasi; 2) attivatori del meccanismo della Protein chinasi C (PKC); 3) attivatori della BRD4 (Bromodomain-containing protein 4); o 4) altre eventuali nuove sostanze – e di eliminazione delle cellule in cui l’HIV è attivo mediante 1) sostanze immuno-modulanti; 2) anticorpi monoclonali o 3) vaccini terapeutici.

Questa è la situazione degli HDACi già in fase clinica:

Quello che mi ha colpito in particolare nella slide che segue è che la romidepsina pare non essere mutagenica:

Le tre slides che seguono, invece, descrivono un confronto in vitro della capacità di attivazione di diversi HDACi e un confronto dell’attività della romidepsina e del vorinostat su CD4 memoria e su CD4 quiescenti ex vivo.



La romidepsina è in grado di riattivare l’HIV latente a concentrazioni che possono essere usate nella clinica e che sono più basse rispetto a quelle che devono essere usate sia per il vorinostat, sia per il panobinostat:

A causa delle indebolite reazioni citotossiche dei CD8, sappiamo che risvegliare il virus dalla latenza non è sufficiente per eradicarlo. Quindi servono delle strategie per distruggere le cellule in cui l’HIV è stato riattivato.

Nel caso del panobinostat, si pensa di sfruttare la sinergia con un agonista del Toll Like receptor 9. Invece, l’idea della Gilead è di provare ad utilizzare un agonista del TLR7.



Un possibile candidato è il GS 9620, in fase I su persone con HBV (e ampiamente testato su animali).

Un riferimento di Geleziunas che mi ha colpito è alla possibilità di utilizzare come coadiuvante per l’eradicazione il vaccino terapeutico che usa il CMV come vettore e che Louis Picker sta sperimentando (con notevole successo) sui macachi (vedere il thread Louis Picker, le "scimmie di Portland" e il vaccino al CMV).

Questo è tutto, per adesso.