SOSTANZE ANTI-LATENZA CHE RENDONO I CD4 LATENTEMENTE INFETTI RICONOSCIBILI AI CD8 CHE LI DEVONO DISTRUGGERE - il caso del super-agonista dell'IL-15 ALT-803
Un lavoro molto bello di Bruce Walker e colleghi di Harvard è stato pubblicato l'altro giorno su PLoS PATHOGENS e ci permette di riprendere la discussione sul ruolo dei CD8 nello shock and kill 2.0, che prevede l’eliminazione del reservoir latente mediante la combinazione di sostanze anti-latenza e linfociti T CD8 effettori, cioè quelli che esercitano un’azione citotossica.
L’idea alla base di questa ricerca è stata quella di creare dei cloni di CD8 identificando quei CD8 HIV-specifici che sono diretti contro epitopi presenti nel reservoir e che non hanno sviluppato mutazioni di escape e poi usarli come dei “biosensori”, capaci di smascherare le cellule latentemente infette nel momento in cui, grazie all’azione delle sostanze anti-latenza, il virus che queste contengono dormiente comincia a riattivarsi e quindi sulla cellula vengono espressi antigeni di HIV.
È stato così creato un test che impiega dei cloni di CD8 HIV-specifici ed è stato usato per misurare la capacità di diverse sostanze anti-latenza di predisporre le cellule latentemente infette al riconoscimento da parte dei CD8. Si tratta di un test simile a quelli basati su anticorpi monoclonali per individuare le proteine.
La classe di sostanze anti-latenza che è stata più studiata è quella degli inibitori dell’iston-deacetilasi, con tre farmaci in sperimentazione clinica (vorinostat, panobinostat e romidepsina) che, se hanno indotto chiaramente produzione sia di RNA, sia di proteine virali in tanti diversi modelli cellulari di latenza, hanno dato risultati più ambigui quando sono stati testati ex vivo su cellule prelevate da persone con HIV soppresso dalla ART, e in vivo sono stati molto deludenti, non riuscendo minimamente a scalfire il reservoir.
È stato però teorizzato che non sia necessario (e forse neppure auspicabile, nemmeno se in presenza di ART) arrivare a una vera produzione di virioni per riuscire a distruggere il reservoir latente – se i CD8 funzionassero bene, infatti, potrebbe essere sufficiente la produzione di qualche proteina virale sulla superficie della cellula latentemente infetta, poiché dei CD8 che funzionino sono in grado di riconoscere minuscole quantità di antigeni virali, non necessariamente associati all’attivazione della cellula o alla produzione di virioni.
Quindi una sostanza anti-latenza ideale dovrebbe situarsi a metà strada fra l’induzione di antigeni e la produzione di virioni, portando a una riattivazione dell’HIV latente sufficiente ma sub-ottimale, sia perché le sostanze anti-latenza che inducono la produzione di virioni tendono ad associarsi con una maggiore attivazione dei linfociti T circostanti, sia anche perché il rilascio di virioni infettivi potrebbe sfuggire all’azione della ART.
Grazie al loro test che usa i CD8 come sensori, Walker e colleghi hanno osservato che:
- - Gli HDACi non stimolavano nessun riconoscimento delle cellule latentemente infette da parte dei CD8 (non dimentichiamo che nel 2014 furono proprio questi ricercatori a dimostrare come – in vitro – gli HDACi in generale e soprattutto la romidepsina danneggino la funzionalità dei CD8). Gli autori riconoscono che questo potrebbe dipendere dalla sensibilità del test e ammettono anche che i loro esperimenti sono stati fatti su modelli di latenza e non su CD4 prelevati direttamente dal reservoir di persone con HIV. Ciò nondimeno, ritengono che l’insufficiente presentazione di antigeni virali sui CD4 latentemente infetti possa contribuire a spiegare i risultati poco brillanti degli HDACi nei trial clinici.
- Invece, 4 altre sostanze esponevano le cellule latentemente infette al riconoscimento da parte dei CD8: la prostratina, l’IL-2, il Pam3CSK4 (che è un lipopeptide sintetico e un ligando del TLR 2), e l’ALT-803, il super-agonista dell’IL-15 di cui parliamo in questo thread. Si è però anche visto che la prostratina ha danneggiato la capacità di un clone di CD8 di uccidere le cellule infette, quindi è stata esclusa da indagini ulteriori. Invece, le altre tre sostanze hanno stimolato le funzioni CTL, quindi si candidano tutte e tre come sostanze anti-latenza in una strategia di shock and kill.
- Ma il risultato più interessante di questa ricerca è stato la dimostrazione che l’ALT-803 è stato in grado di stimolare direttamente la capacità di eliminare le cellule infette sia dei cloni di CD8 HIV-specifici, sia soprattutto di CD8 prelevati da persone in terapia. Quando è stato testato ex vivo sui CD8 piuttosto che sui cloni, infatti, è stato l’unica sostanza che ha stimolato in modo consistente la distruzione delle cellule infette, quindi secondo Walker e colleghi è il candidato migliore per una strategia di eradicazione che voglia sfruttare le reazioni citotossiche dei CD8.
Queste belle cose si sono viste in vitro. Come tutte le interleuchine, però, l'IL-15 svolge attività molto complesse e delicate, quindi che cosa si vedrà davvero in vivo quando il trial clinico partirà è difficile prevederlo.
FONTE:
- - articolo di R. Brad Jones et al. su PLoS PATHOGENS: A Subset of Latency-Reversing Agents Expose HIV-Infected Resting CD4+ T-Cells to Recognition by Cytotoxic T-Lymphocytes.